Articolo originale del dottor Daniele Marchese
Alcuni risultati interessanti a livello di nutrigenomica, secondo quanto emerge dagli abstract del Convegno annuale dell’American Heart Association (Standford University), sono quelli di Gardner e colleghi che hanno presentato uno studio sull’efficacia diagnostico-terapeutica di geni importanti per l’obesità.
La ricerca è stata condotta su oltre cento donne in sovrappeso e che presentavano indici antropometrici che confermavano l’indicazione a una terapia nutrizionale.
I risultati illustrati da Gardner indicano chiaramente che:
La diversità nella perdita di peso per gli individui che seguivano una dieta abbinata al loro genotipo rispetto a una che non è stata abbinata, è molto significativa e rappresenta un approccio alla perdita di peso che non è mai stato segnalato in letteratura.
Lo studio ha evidenziato che sono importanti e significative le mutazioni di tre geni Fabp2, Pparγ e Adrb2, facilmente testabili a partire da un raschiato di mucosa buccale, in quanto coinvolti nell’anabolismo e nel catabolismo di grassi e zuccheri.
Questo ha permesso ai ricercatori di disegnare diete adeguate al metabolismo delle pazienti e i risultati hanno evidenziato un miglioramento in termini di perdita di massa grassa superiore di tre volte rispetto ai controlli (pazienti che seguivano una dieta personalizzata ma non basata sul loro patrimonio genetico).
Avere la possibilità di prevenire la tendenza a un particolare tipo di obesità, studiando il genotipo, è cruciale anche a livello popolazionistico. Basti pensare che le stime dell’OMS indicavano, nel 2005, che circa un quarto della popolazione mondiale risultava in sovrappeso. Entro il 2015 si prevede che lo sia addirittura più di un terzo degli abitanti del nostro pianeta. Con le inevitabili conseguenze sui sistemi cardiovascolare ed endocrino.
Fonte:
50th Cardiovascular Disease Epidemiology and Prevention Annual Conference 2010 March 3-5, 2010