Dopo quasi trent’anni dalla fine del liceo non avrei mai pensato di aprire un libro di filosofia. Ma quando ho visto in TV la presentazione dell’autrice sono stata catturata dal tema: chi di noi non si è mai domandato dov’è il confine tra la voglia di mangiare più del necessario e la gola vera e propria? Che differenza c’è tra il goloso e il buongustaio? E certe abitudini alimentari sono solo vizi stimolati da un ambiente che favorisce i consumi o fanno parte del nostro retroterra culturale?
Sappiamo bene che l’approccio al cibo è un processo che coinvolge l’uomo nella sua totalità.
L’autrice, italiana docente di filosofia nelle università svizzere, fa una panoramica nella Storia (quella con la “S” maiuscola) fino ai giorni nostri, per interpretare le varie forme in cui si presentano gola, golosi e buongustai, come peccatori, come malati o come eroi a seconda dei diversi ambiti culturali. E non attinge alle abitudini dei nonni (come troppo spesso si limitano molti autori), ma a una quantità di esempi presi da filosofia, letteratura, arte, medicina, mitologia, sociologia e psicologia. Solo in apparenza non c’è niente di nuovo, ma il filo conduttore interpretativo che va dalla Bibbia a Montalbano, dall’Odissea al fenomeno Slow Food mi ha aiutato a comprendere meglio certi fenomeni.
Come ogni buon libro di filosofia dovrebbe fare (è l’unica cosa che ho ricavato dagli studi liceali) non fornisce risposte, ma induce nuove domande a cui rispondere.
Per questo credo che possa essere utile a nutrizionisti, esperti di comunicazione, educatori, ma anche insegnanti di materie umanistiche che sono interessati a sviluppare percorsi interdisciplinari sui problemi dell’alimentazione.
Per approfondimenti:
F. Rigotti — Gola. La passione dell’ingordigia. I 7 vizi capitali — Il Mulino, 2008