Pubblichiamo oggi il contributo della dottoressa Livia Diotallevi, Biologo Nutrizionista, sul fruttosio.
Il fruttosio è un monosaccaride, uno zucchero semplice presente in natura nella frutta (da cui il nome) e nel miele. Combinato con il glucosio dà il saccarosio, il comune zucchero che usiamo in cucina. Il fruttosio ha un basso indice glicemico ma un elevato potere dolcificante (quasi il doppio del glucosio): ciò significa che pur apportando le stesse calorie come tutti i carboidrati (4 Kcal/g) se ne usa di meno perché dolcifica di più. Per questo motivo molti (soprattutto coloro che seguono un regime dietetico) hanno ritenuto bene di utilizzarlo al posto del normale zucchero ma, andando a vedere meglio il metabolismo del fruttosio, ci si accorge che non è tutto oro quello che luccica.
Il fruttosio viene assorbito lentamente a livello dei villi intestinali ed entra negli enterociti (cellule intestinali) per diffusione facilitata tramite un particolare trasportatore sulla membrana apicale della cellula detto GLUT5. Un altro trasportatore (GLUT2) si trova invece sulla parte opposta e fa sì che il fruttosio sia immesso in circolo. Circa l’80% di fruttosio arriva al fegato, il restante 20% arriva ai reni, al tessuto adiposo e al tessuto muscolare.
Un eccesso di fruttosio è causa di alterazioni metaboliche che finiscono col creare seri problemi all’organismo.
Nel fegato avviene la glicolisi ossia quel procedimento metabolico che permette di ottenere energia (sotto forma di ATP e NADH) partendo dal glucosio. La glicolisi è data da diversi passaggi chimici e ci sono dei punti di controllo che ne permettono la regolazione in base alle esigenze dell’organismo. Il controllo maggiore sulla glicolisi è svolto da un enzima chiamato fosfofruttochinasi. Si tratta di un enzima allosterico che esiste in due forme, una attivatrice e una inibitrice. Se nel nostro organismo c’è sufficiente energia (ATP) la fosfofruttochinasi viene inibita e si rallenta la glicolisi per non avere sintesi di ATP che sarebbe inutile; viceversa se c’è bisogno di energia la fosfofruttochinasi viene stimolata e la glicolisi aumenta la velocità.
Il fruttosio, però, sfugge al controllo della fosfofruttochinasi inserendosi nella glicolisi in una tappa successiva a quella del controllo così che la glicolisi procederebbe anche nel caso in cui fosse arrivato un segnale di rallentamento. La glicolisi incontrollata determina un accumulo di lattato e piruvato, un aumento della lipogenesi e della formazione di trigliceridi e anche un aumento di formazione di acido urico con conseguente iperuricemia.
Inoltre il fruttosio avendo un indice glicemico basso non determina il rilascio di insulina e rimane bassa anche la leptina. È risaputo che insulina e leptina regolano il bilancio energetico dell’organismo e sono responsabili del senso di sazietà dopo i pasti: il fatto che, invece, con il fruttosio i loro livelli rimangano bassi porta a una mancanza di sazietà e a un maggiore stimolo della fame. A lungo andare si assiste a un aumento del peso, del colesterolo e dei trigliceridi, della pressione, dell’adiposità viscerale, dell’insorgenza dell’insulino-resistenza e dell’obesità con tutte le problematiche che ne possono seguire.
Questi effetti negativi si hanno nel caso in cui si esageri con la quantità di fruttosio.
La quantità consigliata è stata stimata tra il 10 e il 12% dell’introito totale calorico, ma è necessario stare attenti poiché questo quantitativo può essere facilmente raggiunto e superato se consideriamo che il fruttosio è anche utilizzato come dolcificante per la preparazione di bibite e dolci industriali e dunque non dobbiamo limitarci a calcolare solo il fruttosio che mettiamo nel caffè.
Se la quantità di fruttosio rimane inferiore al 10% dell’introito totale gli effetti sono irrilevanti negli individui sani e addirittura nei diabetici si assiste a un migliore controllo glicemico e a una maggiore sensibilità all’insulina. Se, invece, la quantità di fruttosio supera il 20% dell’introito calorico totale si assiste nel tempo all’insorgenza degli effetti negativi sopra descritti.
Fonti:
- Silbernagel G, et al. — Cholesterol synthesis is associated with hepatic lipid content and dependent on fructose/glucose intake in healthy humans — Exp Diabetes Res. 2012;2012:361863
Leggibile integralmente qui - Mayes PA — Intermediary metabolism of fructose — Am J Clin Nutr. 1993 Nov;58(5 Suppl):754S-765S
Leggibile integralmente qui - Teff KL, et al. — Dietary fructose reduces circulating insulin and leptin, attenuates postprandial suppression of ghrelin, and increases triglycerides in women — J Clin Endocrinol Metab. 2004 Jun;89(6):2963-72
Leggibile integralmente qui
davvero accurato, complimenti
Grazie Andrea, la Dott.ssa Diotallevi è una preziosa collaboratrice esterna della Scuola di Ancel.
Grazie per i complimenti Andrea, sono molto contenta che l’articolo ti sia piaciuto…A presto