Archivi mensili per aprile, 2012
Post-it — Storia del cibo
Attraverso il cibo l’uomo entra in relazione col mondo: il passato e il presente di ogni civiltà si leggono nella cucina, dagli ingredienti alle influenze, dall’agiatezza o povertà dei contesti alle relazioni sociali. La storia del cibo è dunque, per eccellenza, storia culturale. Felipe Fernandez-Armesto ripercorre questa vicenda millenaria secondo una prospettiva globale, incentrata sulle grandi rivoluzioni che, nei secoli, hanno modificato il rapporto dell’uomo con ciò che mangia: il passaggio dal crudo al cotto; l’attribuzione di significati rituali all’assunzione del cibo; l’introduzione dell’agricoltura; la trasformazione degli alimenti in simbolo che marca le diseguaglianze sociali; i cambiamenti introdotti dall’industria globale; l’emergenza ecologica. Questo viaggio scopre approcci al tema dell’alimentazione diversi nel tempo e nello spazio ma, soprattutto, svela rapporti inattesi e prospettive nuove, mostrando come, nel cibo, storia della civilizzazione, storia della scienza e storia della società si incontrino.
Per approfondimenti:
F. Fernandez-Armesto — Storia del cibo — Bruno Mondadori, 2010
Cibi antiossidanti contro l’invecchiamento
Articolo originale della dottoressa Raffaella Tosi
L’invecchiamento è un processo fisiologico e inevitabile per il nostro organismo. Diventano meno funzionali i nostri sistemi biologici: vista, capelli, pelle, funzioni cognitive, eccetera. La causa principale è la formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS): i radicali liberi. Questa formazione non può essere bloccata, ma piuttosto peggiorata e amplificata da concause esterne: gli inquinanti ambientali, le radiazioni, l’assunzione di farmaci, lo smog, il fumo di sigaretta, l’abuso di alcol e la sedentarietà.
Fortunatamente però siamo dotati di una certa quantità di enzimi (come ad esempio: superossido dismutasi, catalasi, glutatione perossidasi, ubichinolo) in grado di tamponare la formazione dei radicali liberi e quindi proteggere le nostre strutture biologiche e soprattutto il nostro DNA.
Se utilizziamo dei termini tecnici, intendendo come endogeno tutto ciò che avviene all’interno del corpo ed esogeno tutto ciò che proviene dall’esterno, possiamo dire di avere a disposizione un importante mezzo esogeno in grado di entrare in sinergia con i sistemi antiossidanti endogeni, amplificando le nostre naturali difese. Mi riferisco agli antiossidanti alimentari.
Gli antiossidanti alimentari sono di origine vegetale e appartengono a quattro grandi classi.
Vitamina C o acido ascorbico
È una vitamina idrosolubile e neutralizza molti radicali liberi. Promuove la sintesi di nuovo collagene (è dunque un antirughe naturale, utile ai fumatori), aumenta la biodisponibilità del ferro (mai sentito parlare dell’utilità del succo di limone?) e inibisce l’effetto cancerogeno di composti come le nitrosammine. Si trova nei frutti aciduli come kiwi, arance, limoni, ananas, fragole, ciliegie, prezzemolo (che comunque non potremmo consumare in eccessiva quantità), peperoni crudi. Ma attenzione perché la vitamina C è particolarmente deperibile, oltre che idrosolubile. Per questo bisogna mangiare gli alimenti che la contengono entro breve tempo e crudi (infatti si disperde completamente durante la cottura); se sbucciati o spezzettati, non lasciare i cibi all’aria in quanto subiscono ossidazione.
Vitamina E o tocoferolo
È una vitamina liposolubile e questo la rende un valido antiossidante per le membrane biologiche, proteggendole dalla perossidazione lipidica. È un alimento cosmetico per la pelle (mai togliere l’olio extravergine d’oliva, che ne è ricco, dalla nostra dieta) e giova ai fumatori. Integratori naturali di vitamina E sono l’olio di Argan (stabile a temperatura ambiente) e l’olio di germe di grano (va tenuto in frigo o assunto in perle) che si può consumare a crudo sugli alimenti nella misura di un cucchiaino al dì.
Carotenoidi
Sono composti liposolubili stabili alla cottura particolarmente presenti in quei vegetali di colore giallo, arancione e rosso come la zucca, le carote, i peperoni, i pomodori, le albicocche, il melone, eccetera. Fanno parte di questa famiglia:
- il beta-carotene — precursore della vitamina A spesso assunto sotto forma di integratore per assorbire le radiazioni ultraviolette
- il licopene — presente principalmente nel pomodoro crudo, utile antiossidante per la prostata
- la luteina — presente negli spinaci, nel radicchio, nella cicoria, è un antiossidante della macula dell’occhio.
Polifenoli
Sono sostanze idrosolubili e stabili al calore. Oltre a essere considerati degli ottimi antiossidanti, hanno anche proprietà antitumorali e giovano all’apparato circolatorio. Tra questi:
- la quercetina — antitumorale e antiaggregante piastrinica (si trova nelle cipolle)
- il resveratrolo — antiossidante, antiaggregante, antitumorale (si trova nel vino rosso e nella buccia dell’uva nera)
- le catechine — antiossidante e antitumorale (nel tè sotto forma di epigallocatechna-3-gallato)
- gli isoflavoni — prevengono il cancro al seno e alla prostata (si trovano nella soia e negli oli vegetali); sono fitoestrogeni, ovvero sostanze vegetali che imitano l’azione degli ormoni estrogenici
- gli antociani — antiossidanti, antitumorali, giovano al microcircolo sanguigno (si trovano nel mirtillo nero, nelle more e nei frutti di bosco)
- i lignani — sono fitoestrogeni che prevengono il cancro della prostata e hanno azione lassativa (ne sono ricchi i semi di lino).
Per approfondimenti:
A.M. Costantini, C. Cannella, G. Tomassi — Alimentazione e Nutrizione Umana — Il Pensiero Scientifico, 2009
Le spezie asiatiche: la cannella
La cannella, conosciuta anche come cinnamomo (Cinnamomum zeylancum, Cinnamomum aromaticum, Cinnamomum verum), appartiene alla famiglia delle Lauracee. Albero sempreverde, alto 10-15 m, con una corteccia bruno chiaro, cartacea, foglie coriacee e glabre, lunghe fino a 18 cm, e piccoli fiori giallastri riuniti in pannocchie ascellari e terminali.
È originaria dello Sri Lanka (l’antica Isola di Ceylon), il maggior produttore mondiale, ma viene coltivata anche in India, Brasile, Indonesia e nelle Seicelle, dove si è naturalizzata.
I noti bastoncini sono la corteccia essiccata, quindi il fusto e i ramoscelli che, una volta liberati del sughero esterno e trattati, assumono il classico aspetto di una piccola pergamena color nocciola di colore chiaro, dal forte odore aromatico e dal gusto piccante.
Predilige climi tropicali e marittimi a bassa altitudine e terreni sabbiosi.
La cannella è una delle preziose spezie orientali del mondo antico, era già usata dagli antichi Egizi nel 3000 a.C. per le imbalsamazioni. Nel bacino del Mediterraneo, la cannella era nota per il suo alto valore già nell’epoca classica e lo stesso Plinio ne lamentava il prezzo esorbitante. Nel Medioevo in quanto a popolarità era seconda solo al pepe nero, era uno dei costosi doni che i nobili facevano a re e regine come simbolo di prestigio. I suoi princìpi venivano utilizzati per fini terapeutici, mentre le qualità aromatiche la rendevano immancabile nella cucina di corte, assieme al pepe.
Nell’Ottocento era una delle quattro spezie considerate nei libri di cucina quando si parlava di “un pizzico di spezie o di droghe” (le altre erano noce moscata, chiodi di garofano e pepe).
Oggi la cannella è apprezzata non solo per il suo aroma ma anche per i suoi effetti sull’organismo.
Uso in Cucina
È preferibile acquistare la cannella in stecca perché la polvere può contenere della corteccia di altri alberi meno pregiati.
La normale cannella in stecche va sbriciolata o polverizzata prima dell’uso a meno che non sia direttamente indicato nella ricetta.
Molto aromatica, dolce e gradevole e solo raramente amara o astringente, ha un profumo molto fragrante; per distillazione si ottiene una quantità minima di olio, molto aromatico.
Per il suo sapore molto particolare è indicata per piatti sia dolci sia salati: è gradevole soprattutto con il riso, nei pani speziati, nelle composte di frutta (soprattutto quelle a base di pera), nei dessert, nei dolci e nelle bevande al cioccolato. Un tempo si spargeva un pizzico di cannella sulla panna montata, per attutire il sapore dolciastro. Veniva anche usata nella birra e nel vino e ancora oggi è apprezzata nel vin brulé, che si può preparare facendo bollire 150 ml di acqua in una casseruola con un pezzetto di zenzero essiccato e pestato, otto chiodi di garofano, qualche pezzetto di scorza di arancia e 75 g di zucchero; si uniscono quindi 750 ml di vino rosso, portando questa miscela quasi a ebollizione prima di servire.
Principi attivi
I principi attivi sono cromo, polifenoli (proantocianidine), aldeide cinnamica chemio protettivo per la carcinogenesi del colon-retto.
Benefici
Complessa azione nutraceutica dovuta agli oltre 80 composti aromatici e terpenici.
Evidenze scientifiche in vitro e in vivo, suggeriscono che la cannella ha proprietà antinfiammatorie, antiossidanti, antitumorali, antipertensive e antimicrobiche. Inoltre, studi su animali hanno dimostrato forti proprietà ipoglicemizzanti.
Fonti:
- Wondrak GT, et al. — The cinnamon-derived dietary factor cinnamic aldehyde activates the Nrf2-dependent antioxidant response in human epithelial colon cells — Molecules. 2010 May 7;15(5):3338-55
- Wondrak GT, et al. — Dietary cinnamon supplementation and changes in systolic blood pressure in subjects with type 2 diabetes — J Med Food. 2011 Dec;14(12):1505-10
- Jayaprakasha GK, Rao LJ — Chemistry, biogenesis, and biological activities of Cinnamomum zeylanicum — Crit Rev Food Sci Nutr. 2011 Jul;51(6):547-62
Lo Psichiatra Domenico Mazzullo ci aiuta a comprendere l’anoressia nervosa
Pubblichiamo oggi il contributo dello Psichiatra Domenico Mazzullo che ci aiuta a comprendere i meccanismi psicopatologici che contribuiscono all’insorgenza dell’anoressia nervosa.
Il termine anoressia è inesatto, non rende chiarezza e induce in errore, in quanto anoressia viene dal greco ed è composta di òrexis = appetito e il prefisso an privativo, mentre invece non sempre le pazienti e i pazienti anoressici sono caratterizzati e affetti dalla mancanza dell’appetito.
Per iniziare è necessaria una distinzione fondamentale, senza la quale non è possibile procedere oltre: esistono ed è indispensabile distinguerle, due forme diverse di anoressia, sulla base della derivazione eziologica1.
Una anoressia secondaria, successiva e conseguente ad altre patologie, siano esse fisiche (malattie infettive, neoplastiche, degenerative, eccetera) o psichiche. Tra queste la responsabilità fondamentale spetta di diritto alla depressione in tutte le sue forme, endogena, reattiva, endoreattiva, post-partum, senile, eccetera. L’anoressia è presente, anche se in forma minore, nella psicosi schizofrenica e in alcune personalità psicopatiche.
A tutte queste forme il termine letterale di anoressia = mancanza di appetito spetta di diritto ed è perfettamente appropriato in quanto tutte sono caratterizzate da questa mancanza, più o meno grave e duratura di appetito.
Con una scelta del tutto personale, che può essere senza dubbio criticabile e non condivisa, ascriveremmo a questa forma di anoressia secondaria anche tutti gli episodi, sempre purtroppo più diffusi e frequenti oggi, di comportamenti alimentari alterati e patologici, tesi e miranti alla ricerca di una magrezza o, meglio detto, di una forma corporea che corrisponda ai canoni estetici del tempo e che permetta di uniformarci e appiattirci su questi, trovando in questa uniformità un motivo di rassicurazione, di identificazione personale, di gratificazione estetica, di incorporazione in un gruppo.
Va da sé che questo atteggiamento è particolarmente suggestivo e pericoloso, proprio nelle età adolescenziali e giovanili, quando è più forte e più cogente la necessità di appartenere a un gruppo, di trovare in essa appartenenza la nostra identità e rassicurazione esistenziale, la certezza di apprezzamento da parte degli altri. E se i modelli estetici della società sono quelli di una magrezza innaturale ed estrema, ricercata, pubblicizzata, esposta, indotta ad esempio, modello di riferimento e obbiettivo da raggiungere, ecco spiegata come diretta conseguenza la ricerca strenua, affannosa, autolesiva estrema, di ottenere e verificare in noi quei canoni di bellezza imposti da una pericolosa moda e costume.
In questa particolare forma di anoressia, ripetiamo secondaria, il termine letterario di anoressia, nel senso etimologico di mancanza di appetito, è improprio e fuorviante in quanto, ben lungi dal mancare di appetito, queste giovani persone, sono vittime di una fame atroce e giustificata perfettamente dalla assurda privazione di apporto alimentare autoimposta. Spesso in queste giovani persone i periodi di digiuno forzato sono interrotti da crisi improvvise e imprevedibili di bulimia, veri e propri raptus alimentari, con consumo incontrollato, compulsivo ed estremo di grandi quantità di cibo e inevitabili, successivi sensi di colpa e di autoriprovazione che culminano, a volte, con comportamenti espulsivi di quanto ingerito (vomito autoprovocato, uso di lassativi, diuretici, enteroclismi).
Discorso completamente a parte, dobbiamo affrontare per quanto riguarda l’anoressia primaria o primitiva, non conseguente quindi a nessuna altra patologia e legata invece, a nostro parere, a una struttura particolare di personalità, che si esplica e si esprime con molteplici caratteristiche e peculiarità, tra le quali il disturbo del comportamento alimentare, si configura come quella più eclatante e immediatamente visibile, nonché pericolosa e a volte, purtroppo spesso, anche mortale.
Trattasi di una distinzione importante, indispensabile e inalienabile, se non vogliamo incorrere nell’equivoco di facili ed erronee generalizzazioni, di pseudospiegazioni psicologicamente omnicomprensive.
Si evince quindi come nella anoressia primaria il disturbo del comportamento alimentare, responsabile poi delle conseguenze fisiche, spesso anche molto gravi nei pazienti, rappresenta solo l’anello finale di una catena iniziata molto prima, nella struttura di personalità dei pazienti stessi e, proponiamo come ipotesi, conseguente a una struttura genetica.
Discorso molto complesso e certamente non giunto a conclusione è quello sulla eziologia della anoressia nervosa primaria, per le quale sono state formulate ipotesi molteplici, che spaziano dallo psicologismo più radicale ed esasperato, all’assoluto organicismo, ma più probabilmente, a nostro parere, nella patogenesi dell’anoressia nervosa primaria sono implicati fattori psicologici, sociali e genetici.
Si è ipotizzato che le giovani anoressiche vivano un conflitto relativo alla transizione tra adolescenza ed età adulta. Tuttavia, alcuni temi cari alla letteratura più datata, come l’elevato livello socio-culturale, i conflitti familiari, in particolar modo l’anaffettività materna, non sono più descritti tra i fattori predisponenti o precipitanti l’insorgenza dell’anoressia. In passato si è lavorato molto per cercare le cause dei disturbi alimentari all’interno delle famiglie, ma nessuna ricerca ha dimostrato differenze significative nel vivere e relazionarsi in famiglie con un membro affetto da anoressia nervosa rispetto ad altre famiglie, mentre si fa sempre più strada l’ipotesi della base genetica della malattia, che sarebbe responsabile di una struttura di personalità peculiare del paziente anoressico.
Dal punto di vista psichiatrico è opportuno ripetere che erroneamente l’anoressia nervosa primaria è da considerarsi un disturbo del comportamento alimentare, essendo quest’ultimo solo l’anello finale di una catena eziologica che prende origine da una precisa struttura di personalità del paziente anoressico. Caratteristiche fondamentali del paziente che soffrirà, soffre o ha sofferto di questa patologia sono, infatti, ben precise, delineate e ripetentesi con costanza in ogni caso. Ne facciamo solamente una descrizione sommaria, perché una più approfondita esulerebbe dai termini che ci siamo prefissi: personalità rigida e perfezionista, estremamente determinata, pretesa di alte prestazioni in ogni ambito. Forte autostima, intensa volitività, rigidità affettiva, bassa stima degli altri. Tendenza ad autocolpevolizzarsi se queste prestazioni non vengono raggiunte, senso del dovere portato all’estremo, pretesa di un rigido autocontrollo in ogni aspetto della propria esistenza, in modo particolare del proprio fisico e conseguentemente anche dell’alimentazione, sessuofobia, paura delle responsabilità che l’età adulta comporta, desiderio di controllo su tutto ciò che li circonda, umano e materiale, paura delle novità e degli imprevisti, consequenziale organizzazione rigida della propria vita.
- La classificazione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM-IV) così come per tutto il resto della patologia psichiatrica di cui si occupa, anche nel caso dei disturbi del comportamento alimentare si manifesta e si dimostra solo ed esclusivamente come una classificazione descrittiva, pedissequa e puntigliosa, ma priva completamente di ogni valutazione eziologia, ovvero delle cause, e soprattutto di una logica psicopatologica, indispensabile per una corretta comprensione del fenomeno patologico al di là e al di sopra di una pura elencazione di sintomi. A questo punto mi sembra indispensabile introdurre nella classificazione oltre al criterio sintomatologico, un più importante criterio eziologico, e un ragionamento psicopatologico.
Per approfondimenti:
D. Mazzullo — La depressione, conoscerla per non averne paura — Edizioni Mediterranee, 2004
Articoli correlati
Torna lo Psichiatra Domenico Mazzullo per parlarci di bulimia nervosa