«Domenica prendiamo il tè e io devo portare i pasticcini» dico.
«Oooooh» dice lei radiosa, «i pasticcini!».
E subito pragmatica:
«Devo prepararle qualcosa che si conservi».
Manuela lavora fino al sabato a mezzogiorno.
«Venerdì sera le preparerò un gloutof» dichiara dopo un breve momento di riflessione.
Il gloutof è un dolce alsaziano non troppo delicato.
Ma il gloutof di Manuela è anche un nettare. Tutto quello che l’Alsazia comporta di pesante e secco, nelle sue mani si trasforma in un capolavoro profumato.
«Avrà tempo?» chiedo.
«Certo» dice al settimo cielo, «per lei trovo sempre il tempo per un gloutof!».
Allora le racconto tutto: l’arrivo, la natura morta, il sakè, Mozart, i gyoza, lo zalu, Kitty, le sorelle Munekata e tutto il resto.
Fatevi una sola amica, ma sceglietela con cura.
«Lei è incredibile» dice Manuela alla fine del mio racconto. «Tutti questi imbecilli, ed ecco che, non appena arriva un signore per bene, invita proprio lei a casa sua».
Inghiotte una madeleine.
«Ahh!» esclama all’improvviso, aspirando moltissimo la h. «Le preparerò anche qualche tortino al whisky!».
«No» dico, «non si dia tanto disturbo, Manuela, il… gloutof basterà».
Un passo da L’eleganza del riccio. Il cibo non è il protagonista principale del libro ma accompagna la storia, è un comprimario che sottolinea incontri di amici, incontri galanti, modi di vivere, che poi è lo stesso ruolo che gli si concede nella vita di tutti i giorni. Sottolinea e riempie in sordina ogni evento della nostra vita, come è bene evidenziato nel dialogo qui sopra, dove l’importanza del dolce va oltre il semplice mangiare, è una questione di presentazione.
Per approfondimenti:
M. Barbery — L’eleganza del riccio — Edizioni E/O