Quel che ho imparato negli anni di professione da nutrizionista, lo devo anche alla lettura e al cinema. I manuali, gli articoli scientifici, il costante aggiornamento cui ci vota la professione sono alla base del Sapere ma, se a questo ci limitassimo, il nostro dare sarebbe mozzato. Saremmo probabilmente meno allenati all’empatia, alla capacità di immedesimarci per sentire allo stesso modo dell’altro.
Proprio per indossare gli altrui panni, con non poca perplessità di chi mi vive accanto, da anni leggo libri e guardo film con protagonisti obesi, o nel cui vissuto rientra il cibo, per condanna o per diletto.
Questa estate, a due anni di distanza, ho riletto Il mio corpo elettrico di Lori Lansens: la toccante storia di Mary Gooch e della sua “obestia”, come lei stessa definisce la sua fame incontenibile, che da subito si è impossessata della sua vita. «Saresti carina se non fossi così grassa» le aveva confessato Cristopher, il suo primo spasimante. Mary, in effetti, occhi verdi, pelle bianchissima, era bella e anche affamata. Dopo i tanti tentativi di dimagrimento fallimentari, l’obestia si era quietata per una parassitosi intestinale. Scoperto il segreto dei vermi anti-fame Mary era dimagrita e aveva fatto innamorare Jimmy. Assieme a lui, al sesso e alla passione dei primi anni di matrimonio, Mary aveva dimenticato la sua fame e anche i vermi.
«L’afflizione nutriva la bestia che era in lei, e con l’arrivo della mezza età le si erano presentate nuove e più grandi opportunità di sentirsi afflitta». Mary aveva così accumulato tredici chili per la malattia di sua madre, sette e nove per i due aborti spontanei, quattro chili e mezzo per la morte del padre, altri quattro e mezzo per la morte di Mr Barkley, il suo adorato gatto. Un giorno giurò che avrebbe preferito la morte al vedere la bilancia oltre i centotrenta chili. Per cui quando questo avvenne, Mary si ritrovò con gli antidolorifici per il suo suicidio in mano e un matrimonio distrutto. Si era trascinata nella vita, mai una vacanza, mai una iniziativa e nemmeno la piena consapevolezza di quanto Jimmy l’amasse. Schiacciata e sedotta dal cibo, ormai il suo antidepressivo.
Alla vigilia del venticinquesimo anniversario di matrimonio, Jimmy non rientrò a casa. Sparito con il ricavato di un gratta e vinci. Da quel giorno Mary, proprio come la Fenice, iniziò a rinascere dalle ceneri. L’amore per il marito e il desiderio di trovarlo e riportarlo a casa, la resero protagonista di scelte mai compiute prima, come prendere un aereo che dal Canada la portasse in Florida. Da allora prese a camminare e a fare.
Mentre l’addome globoso di Mary si scioglieva nell’affaccendarsi su e giù sulle tracce del marito, una nuova esistenza a sua insaputa aveva inizio. Lei, che credeva la sua vita fosse finita, capì che forse non era ancora cominciata. Una vita talmente piena da far cadere pian piano l’interesse per il cibo.
Per approfondimenti:
L. Lansens — Il mio corpo elettrico — Mondadori, 2010