Raggruppati dagli anglosassoni sotto la sigla USOs (underground storage organs) radici, tuberi e rizomi (parti di fusto modificate per accumulare sostanze nutritive) sono entrati a far parte dell’alimentazione dei nostri antenati nel Pliocene insieme ai semi oleosi, espandendo il numero di alimenti vegetali disponibili. L’utilizzo di questi cibi molto più duri e ricchi di fibra, rispetto a frutti e foglie di cui si nutrono ancora le grandi scimmie che vivono nell’ambiente umido delle foreste pluviali, ha richiesto lo sviluppo di una dentatura robusta e un intestino molto sviluppato.
I carboidrati complessi (amidi) di cui sono ricchi, oltre a concentrare gli zuccheri in un minor volume rispetto a quelli semplici che si trovano nella frutta, hanno determinato cambiamenti a livello metabolico come l’aumento delle amilasi, gli enzimi necessari per scindere queste macromolecole.
Con l’introduzione di radici e tuberi il tempo dedicato al consumo del pasto si riduce rispetto ai tempi di ricerca del cibo, che invece richiede un continuo spostamento, lo sviluppo di abilità e l’uso di piccoli strumenti da scavo inizialmente rappresentati da piccoli bastoni o ossa, in seguito costituiti da strumenti litici più elaborati.
L’ingresso di questi nuovi alimenti nella dieta dei nostri antenati ne ha permesso la sopravvivenza negli ambienti aridi della savana, dove è iniziata la migrazione che ha portato l’uomo a colonizzare tutto il pianeta. Anche in seguito però hanno svolto un ruolo importante e la cottura dei cibi ha permesso un migliore utilizzo dei nutrienti. Inoltre, con l’avvento dell’agricoltura, i tuberi andarono a integrare cereali e legumi con il loro cospicuo apporto di carboidrati.
I tuberi e le radici hanno rappresentato, insieme a legumi e verdure, una buona parte dell’orticoltura praticata dai romani, che avveniva anche a ridosso delle mura cittadine in piccoli appezzamenti di terreno; poiché questo tipo di coltivazioni richiedevano una lavorazione semplice, offrendo prodotti pronti al consumo tutto l’anno, i tuberi costituivano anche per i più poveri la base di un’alimentazione vegetariana che ha posto poi le radici della nostra dieta mediterranea.
Molti di questi ortaggi derivano da varietà selvatiche molto diverse da quelle che conosciamo oggi; attraverso vari incroci e selezioni l’uomo ne ha accentuato le caratteristiche più appetibili.
Cominciamo a esaminare quelli di origine europea e asiatica, alcuni molto comuni, altri meno noti.
La cipolla, le cui origini sono oscure, è nata forse da una varietà selvatica dell’Asia centrale. Gli antichi Egizi la consideravano un simbolo di vita eterna. Questo ortaggio ha effettivamente proprietà salutari: le cipolle sono infatti antinfiammatorie, diuretiche e utili ad abbassare il colesterolo. In cucina si prestano a tutti i tipi di cottura e sono usate soprattutto per aggiungere sapore a vari piatti, ma si possono gustare anche da sole.
Il porro ha avuto origine in Medio Oriente e nell’area mediterranea, ricco di vitamina A e con proprietà simili a quelle della cipolla, è un ingrediente ideale per insaporire zuppe, stufati e salse.
L’aglio è originario dell’Asia centrale, dove ancora oggi si trova allo stato selvatico. Da sempre associato a superstizioni, era utilizzato per proteggersi da vampiri e spiriti maligni, la scienza ne sta attualmente studiando le numerose proprietà benefiche per la salute. Regola la pressione, antibatterico e antitumorale, in cucina non è amato da tutti per il suo sapore forte.
La carota era già utilizzata più di cinquemila anni fa in Asia centrale, dove cresceva spontanea con un aspetto diverso da quello attuale. Di colore prevalentemente viola, era dotata di sapore amaro ed era usata per le sue proprietà medicinali e per insaporire i piatti. Con la coltivazione il sapore si addolcì e le radici si ingrossarono, ma non erano comunque amate da tutti dal punto di vista culinario. I romani le apprezzavano sia crude sia cotte, come dimostra l’ampio spazio a esse dedicato da Apicio nel suo libro di ricette.
Il sisaro, originario della Cina, era utilizzato anche dai Romani. La parte centrale della radice è dura e fibrosa e deve essere eliminata prima di consumarla cruda in insalata o cotta in minestre o stufati.
La pastinaca è originaria dell’Europa occidentale e dell’Asia. Nella letteratura greca e romana si trovano riferimenti a un ortaggio simile alla carota che potrebbero riguardare la pastinaca. La versione selvatica di questa radice era lunga e sottile, molto fibrosa e dal sapore forte, usata come aromatizzante; i vari incroci l’hanno modificata fino ad avere un sapore dolce e maggiori dimensioni, che la fecero consumare come cibo a sé. Il gusto dolce della pastinaca nel Medioevo sopperiva alla scarsità e al costo elevato del miele e dello zucchero. Con il freddo acquisisce il massimo della dolcezza perché la pianta scinde l’amido in zuccheri come difesa. Le cotture più adatte a valorizzarla sono quelle lente: la bollitura, l’arrostitura e la brasatura.
Il sedano rapa, derivato dal sedano nell’area del bacino del Mediterraneo, ha però un sapore più dolce e delicato. È usato in cucina crudo o insieme ad arrosti e patate, minestre e stufati.
Il barbaforte, originario di alcune zone dell’Asia occidentale e dell’Europa sud-orientale, ha un sapore piccante che si sposa con la cucina tedesca e inglese. I Greci lo utilizzavano per alleviare i dolori muscolari, per curare la tosse e come afrodisiaco. Può essere usato come ingrediente per salse e marinate.
La barbabietola deriva dalla bietola marittima selvatica, diffusa sulle coste del Mediterraneo. Se ne consumano la radice e le foglie.
Il cavolo rapa, originario del nord Europa, è imparentato sia con il cavolo sia con la rapa. Se raccolto nei primi stadi di sviluppo può essere consumato crudo nelle insalate, grattugiato o alla julienne; quando è più grande è meglio cuocerlo nelle minestre o brasarlo.
La rapa, derivata da una varietà selvatica diffusa in Europa settentrionale, era inizialmente utilizzata come foraggio per gli animali; in seguito alle carestie fu introdotta nell’alimentazione umana e costituì un cibo molto diffuso fino all’introduzione della patata. Una curiosità: inizialmente le rape venivano usate per preparare le tipiche lanterne della festa di Halloween. Quando la festa fu diffusa in America dagli emigranti irlandesi, le rape furono sostituite dalle zucche, più facilmente reperibili in quel Paese.
Il raperonzolo, originario dell’Inghilterra, dove cresceva selvatico nei prati, è considerato un’erba aromatica sebbene se ne possano consumare sia le foglie sia la radice, crude in insalata o cotte nelle minestre.
Il ravanello, originario dell’Europa e del Vicino Oriente, è conosciuto dai Greci e dai Romani come alimento e come medicinale. Anche se di solito se ne utilizza la radice, tutta la pianta è commestibile, cruda o cotta.
Il prezzemolo tuberoso è una varietà di prezzemolo con radice a fittone rigonfia e carnosa. Deriva probabilmente dal prezzemolo selvatico ed è originario delle coste orientali del Mediterraneo e dell’Europa meridionale.
Il taro, originario dell’India e della Malesia, giunge in Egitto e si diffonde in Grecia e a Roma, fino alla caduta dell’impero. La pianta semi-acquatica è tossica in tutte le sue parti e deve essere maneggiata con cura, possibilmente usando dei guanti nella preparazione delle radici, per evitare irritazioni cutanee. Poiché le radici si ossidano facilmente, devono essere immerse in acqua fino alla cottura e bollite almeno un’ora, come le foglie; ciò rende le parti commestibili. La lunga cottura elimina gli ossalati di calcio contenuti che possono accumularsi nelle mucose. Il tubero è altamente digeribile, simile alla patata, e con un discreto apporto proteico. Ottimo nelle minestre e negli stufati; in Cina la pasta di taro è usata per preparare focaccine dolci e torte.
La castagna d’acqua cinese è una pianta semi-acquatica con foglie galleggianti, originaria della Cina. I tuberi hanno una superficie irregolare e consistenza croccante, possono essere consumati crudi, cotti nelle minestre, fritti, saltati o trasformati per produrre una farina utilizzata come addensante; si trovano anche conservati in scatola e sotto aceto. Questa pianta così esotica è diffusa in Italia nel mantovano, dove è chiamata trigol: nelle valli del Mincio si prepara un tipico risotto con questo cibo antico, attualmente riscoperto. Cruda può trasmettere un parassita intestinale dei maiali che può colpire anche l’uomo: il Fasciolopsis buski.
Il loto ha origini nel Medio Oriente e in Asia dove rappresenta una pianta sacra per i buddhisti che la considerano simbolo dell’essenza della vita umana e della nascita del bello dal fango della realtà. La sua radice, chiamata renkon, fa parte dei menù di festa in Giappone, soprattutto a Capodanno. In occidente è divenuta familiare per il diffondersi dei ristoranti giapponesi e la sua sezione ha una forma inconfondibile, sembra un ricamo. Si può consumare fritta, cotta a vapore o conservata sotto aceto. Il decotto di renkon è utile per le affezioni delle vie aeree.
La scorzonera o salsefrica appartiene alla stessa famiglia dei girasoli e se ne consumano i germogli teneri crudi in insalata e la radice cotta. Originaria dell’Europa meridionale e del Medio Oriente, fino al Cinquecento si pensava fosse un rimedio efficace contro la peste.
Per approfondimenti:
- G. Visci — Il nuovo nel piatto — Ponte alle Grazie, 2012
- G. Rotilio — Il migratore onnivoro — Carocci, 2012
- S. Blake — Guida illustrata agli alimenti vegetali — Il Castello, 2009
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Grazie per l’apprezzamento, l’argomento è vasto e prosegue anche in una seconda parte… SUKIYAKI