Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene.
Virginia Woolf
Pane, amore e… mettete voi il vostro personale terzo ingrediente. La Scuola di Ancel vi augura una giornata piena di buone cose.
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Virginia Woolf
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Quanti hanno una risposta alla domanda posta nel titolo? Probabilmente già molti sanno che le carni rosse, così come i salumi, gli insaccati e le altre carni processate sono da limitare. Ma proprio le indicazioni nutrizionali più consolidate, hanno bisogno anche dei perché, per essere maggiormente rafforzate e seguite.
Iniziamo con il dare una definizione univoca di carni rosse.
Le carni vengono generalmente distinte in bianche, rosse e nere, a seconda del colore che assumono dopo la macellazione, della tipologia e dell’età degli animali da cui derivano.
Le carni rosse si ottengono da animali da macello come bovini, ovini e caprini. Le carni bianche si ottengono da animali da cortile. Le carni nere, che derivano da cacciagione come cervi, volatili e cinghiali, sono sempre carni rosse, ma caratterizzate da una colorazione particolarmente intensa. In realtà le carni bianche comprendono anche animali giovani che in età adulta sono classificati come carne rossa, quali ad esempio agnello, vitello e capretto. La carne di maiale, in relazione al colore, è da considerarsi bianca.
Le carni rosse, a differenza delle bianche, sono più ricche di mioglobina, una proteina di forma globulare contenente ferro e che trasporta l’ossigeno nei tessuti muscolari. Più il muscolo è attivo, maturo, sviluppato e più è alto il contenuto di mioglobina, più il colore della carne è rosso.
Molti studi epidemiologici hanno riportato una significativa associazione tra consumo di carni processate (come pancetta, würstel, salsiccia, salame e affettati in genere) e di carni rosse, e un’incrementata incidenza di cancro del colon. Al momento si stima che per ogni 100 g di carne rossa o 50 g di carne processata consumata quotidianamente, la probabilità di sviluppare cancro del colon aumenti del 15-20%.
Le carni rosse, sia per la tipica consistenza che le espone a cotture più prolungate e più invasive sia per il maggior contenuto di grassi [NdA], possono contenere rispetto alle carni bianche una maggiore concentrazione di mutageni, sostanze in grado di danneggiare irreversibilmente il nostro patrimonio genetico (ammine eterocicliche, idrocarburi policiclici aromatici), che vengono prodotti proprio durante la cottura delle carni ad alte temperature.
È stato anche ipotizzato che il maggior contenuto di grassi nelle carni rosse possa favorire la concentrazione di acidi biliari secondari, ovvero quelli elaborati dalla flora batterica intestinale, favorenti anch’essi la cancerogenesi.
La questione delle carni processate è diversa. I nitriti, i nitrati e il sale in esse contenuti causano la formazione di nitrosammine, anch’esse sostanze mutagene.
Lo stesso ferro contenuto dalla mioglobina delle carni rosse può promuovere la formazione di nitrosammine, nonché agire come generatore di radicali liberi in grado di danneggiare il DNA.
Sulla base di queste considerazioni, non è utile solo limitare le carni a un paio di volte a settimana, ma anche prestare attenzione a piccoli, ma importantissimi accorgimenti, quali:
Fonti:
È noto da molto tempo che l’obesità e il diabete conseguente siano fattori predisponenti per alcuni tipi di cancro. Tra gli effetti secondari e a lungo termine del diabete, infatti, ci sono moltissime patologie: l’accumulo di zuccheri nel sangue porta a disfunzioni in molti distretti, ad esempio la retina, e affaticamento generale dell’organismo e alla sempre più difficile risposta fisiologica dei vari organi. Il diabete è nella maggior parte dei casi causato dall’obesità (si parla di diabete di tipo II), questo perché l’eccesso di tessuto adiposo indebolisce prima la risposta all’insulina da parte dell’organismo, poi la sua produzione, affaticando il pancreas.
Recentemente è stato scoperto il meccanismo mediante il quale il diabete riesce a promuovere la formazione tumorale: la colpa è la sovraesposizione allo zucchero. Quando il diabete è conclamato, la glicemia aumenta, questo causa, attraverso un complicato passaggio biomolecolare, l’attivazione di una particolare proteina chiamata β-catenina che normalmente attiverebbe i segnali per la produzione di insulina, ma in condizioni patologiche, con livelli alti di zucchero nel sangue, si accumula nel nucleo delle cellule. L’accumulo di questa proteina nel nucleo causa proliferazione e resistenza all’apoptosi (ovvero le cellule non muoiono più spontaneamente e sono difficili da uccidere), determinando quindi l’inizio di un possibile processo tumorale.
Questa scoperta è stata pubblicata sulla rivista «Molecular Cell» da ricercatori spagnoli, e probabilmente aiuterà nella ricerca sul cancro, per indirizzare le ricerche successive verso nuovi possibili bersagli molecolari, ma il messaggio più importante è quello della prevenzione: regolare i livelli di glucosio del sangue, combattere quindi il diabete e soprattutto l’obesità, diventa fondamentale perché sono agenti primari, e non solo concause, dello sviluppo dei tumori.
Fonte:
Chocarro-Calvo A et al. — Glucose-Induced β-Catenin Acetylation Enhances Wnt Signaling in Cancer — Mol Cell. 2012 Dec 26. pii: S1097-2765(12)00979-3. doi: 10.1016/j.molcel.2012.11.022.
Ancora un braccio di ferro tra Italia e UE per una legge riguardante il settore alimentare. Questa volta si tratta di olio extra vergine di oliva, tema delicatissimo per i notevoli interessi economici che sono in gioco e che già nel passato, con alterne vicende, è stato oggetto di contenzioso.
La normativa in questione è contenuta nella Legge n.9 del 14 Gennaio 2013 «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini», con la quale l’Italia introduce una serie di regole che favoriscono la trasparenza nel settore dell’olio d’oliva. Ebbene, queste regole sono state bloccate dalla UE prima ancora di vedere la luce. La Commissione Europea, infatti, esaminando la proposta di legge italiana nel novembre scorso, nell’ambito della procedura Tris (Technical regulation information system), ne ha prontamente decretato la sospensione per dodici mesi (comunicazione n.2012/650/I).
Vediamo un po’ più in dettaglio alcuni dei punti previsti da questa legge, già battezzata dai mass media «legge salva olio».
Per quanto riguarda l’etichettatura (artt. 1 e 7):
Per quanto riguarda il panel test, ossia il test organolettico valido ai fini della classificazione degli oli (art. 2), se ne garantisce il valore probatorio attraverso una serie di procedure più rigorose e maggiormente documentate.
Vengono resi noti (art. 3), in un’apposita sezione del portale internet del MPAF, i risultati delle analisi sul contenuto degli alchil esteri. Questi composti si formano dall’esterificazione degli acidi grassi liberi con l’alcol metilico, che proviene dall’idrolisi delle pectine presenti nel frutto dell’olivo per azione di enzimi endogeni, e con l’alcol etilico prodotto da processi fermentativi a carico degli zuccheri semplici. La formazione degli alchil esteri avviene quindi se le olive sono stoccate per periodi troppo lunghi tra la raccolta e l’estrazione meccanica dell’olio. La presenza di alchil esteri oltre i limiti, per altro non dannosa per la salute, rappresenta pertanto un indice di bassa qualità dell’olio come conseguenza di errori commessi nel corso del processo di produzione e trasformazione delle olive.
Vanno ritenute ingannevoli (artt. 4, 5, 6), e perseguibili penalmente, quelle indicazioni che (anche tramite un’omissione) evocano una specifica zona geografica non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive; ingannevoli sono anche eventuali riferimenti a valutazioni organolettiche non previste dalla legge. Inoltre non possono essere registrati marchi d’impresa che possano ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini; anche in questo caso l’azienda è punibile penalmente.
Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi (art.7) devono possedere un idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, e devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto e il lotto di produzione a cui appartiene.
Per quanto riguarda il mercato e la concorrenza (artt. 8, 9, 10, 11), gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera devono rendere accessibili a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate le informazioni a propria disposizione concernenti l’origine degli oli di oliva vergini e delle olive, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche.
L’art. 11 disciplina la vendita sottocosto e gli artt. 12, 13, 14 e 15, infine, si occupano delle azioni di contrasto alle frodi, compresa l’attività investigativa e processuale e la comminazione delle sanzioni.
In definitiva, la Legge 9/2013 nasce, con ottime intenzioni, a tutela della qualità degli oli vergini e per una maggiore trasparenza della filiera. Non si occupa affatto, però, della qualità nutrizionale degli oli. E questa, del resto, è una pecca che coinvolge tutta la normativa in materia. Bisogna infatti notare che i parametri analitici utilizzati nella classificazione dell’olio extravergine di oliva garantiscono soltanto la sua purezza e non tengono conto delle ormai chiare evidenze scientifiche circa le proprietà benefiche dei suoi componenti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e di alcune forme tumorali.
Risulterebbe senz’altro utile per il consumatore una classificazione che tenga conto anche del contenuto in sostanze fenoliche bioattive. Queste possono variare in un ampio range tra 40 e 900 mg/kg, stabilendo così una sostanziale differenza negli effetti “salutistici” che oli extra vergini di oliva diversi potrebbero avere.
In ogni caso ben venga, per ora, una norma in grado di tutelare il prodotto italiano di qualità e difenderlo dall’omologazione, nonché garantire la presenza sul mercato delle piccole aziende agricole italiane impedendo che vengano schiacciate dalla prepotenza delle multinazionali. Tutto ciò in attesa di una “rivoluzione” che possa, attraverso validi parametri analitici, promuovere il consumo dell’olio extravergine di oliva di qualità all’interno di una corretta ed equilibrata alimentazione mediterranea.
Riusciranno i nostri eroi?
Fonti:
Catone il Vecchio fu l’artefice dello scoppio della terza guerra punica. Durante una missione d’inchiesta a Cartagine nel 157 prima della nostra era, fu dolorosamente colpito dalla ritrovata prosperità di Cartagine. Da allora divenne l’artefice della sua distruzione: «Delenda est Carthago» (bisogna distruggere Cartagine). I senatori tuttavia non erano decisi a lanciarsi in una guerra costosa. Catone utilizzò un sotterfugio che è stato riferito dall’abate Lhomond, grammatico del XVIII secolo, nella sua opera in latino De viris illustribus urbis Romae a Romulo ad Augustum (Gli uomini illustri di Roma da Romolo ad Augusto):
Portò alla curia un fico precoce e, scuotendo la toga, lo fece vedere a tutti; siccome i senatori ne ammirarono la bellezza, Catone chiese loro quando pensavano che fosse stato raccolto. I senatori affermarono che sembrava freschissimo. «Eppure sappiate che è stato colto tre giorni fa a Cartagine; ecco quanto siamo vicini al nemico».
Cartagine infatti era solo a tre giorni di navigazione da Roma. Quest’arringa inquietò i senatori, che si decisero a dichiarare guerra.
Perché non raccontare la storia attraverso i piatti? In questa originale impresa è riuscito in maniera esemplare il medico gastroenterologo Jean Vitaux. Guerra o armistizio, legge o trattato, diplomazia o spionaggio: molte decisioni si prendono a tavola e spesso dipendono da ciò che si è mangiato.
Per approfondimenti:
Jean Vitaux — Prelibatezze della Storia — ARGO, 2012
La Scuola di Ancel
Nutrizione Informazione Prevenzione
Quotidiano online a carattere scientifico
Autorizzazione del tribunale di Roma n. 290/2013 del 12 dicembre 2013
by Luca Belli, Francesco Bonucci, Roberto Casaccia, Mariarosa Di Lella, Elisabetta Iafrate, Laura Imperadori, Rosa Lenoci, Eliana Marchese, Dario Padovan, Giuliano Parpaglioni, Tiziana Stallone (authors), Gianluigi Marabotti (designer)
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