Yogurt, latte fermentato e probiotici, spesso confusi tra loro nel linguaggio corrente, hanno in comune la presenza di microrganismi (prevalentemente generi Lactobacillus e Bifidobacterium), ma presentano caratteristiche diverse.
Certamente gli yogurt si sono affacciati per primi sul mercato in Italia. Le legge attuale permette la definizione di “yogurt con”, seguita dal nome del microrganismo probiotico aggiunto, quando la fermentazione è operata esclusivamente dai due microrganismi specifici dello yogurt (Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus). Altri microrganismi possono essere addizionati, purché non svolgano attività fermentativa.
Lo yogurt è classificato sulla base del contenuto di materia grassa (m.g.) nel prodotto finito: magro (<1% m.g.), parzialmente scremato (compresa tra 1,5% e 1,8% m.g.), intero (>3% m.g.); in tutti gli altri casi, la percentuale di m.g. deve essere dichiarata sull’etichetta. L’eventuale aggiunta di dolcificanti (naturali o artificiali) deve essere specificata negli ingredienti.
Per latte fermentato, a cui può seguire il nome del microrganismo aggiunto, si intende il prodotto della fermentazione di microrganismi diversi da quelli specifici dello yogurt, anche in associazione con essi. Alcuni prodotti a base di latte fermentato vengono commercializzati con i nomi tradizionali (per esempio Kefir).
Con termine probiotici si indicano veri e propri integratori alimentari, che devono contenere solo microrganismi vivi, senza altri componenti associati, e avere la capacità di colonizzare a livello intestinale, sia per numero di cellule sia per ceppo utilizzato.
In tutti e tre i casi qui indicati è necessario ottemperare ad alcune condizioni, come l’uso tradizionale, la sicurezza per l’uomo, l’attività a livello intestinale.
È quindi indispensabile sia l’identificazione della specie e del ceppo sia la somministrazione di almeno 10 miliardi di cellule vive per ceppo di microrganismo al giorno e, per permettere la vitalità fino alla data di scadenza della confezione, le condizioni di conservazione ottimali devono essere dichiarate e garantite dalla catena di distribuzione.
Per approfondimenti:
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione — Latte e prodotti funzionali: la nuova generazione