Pubblichiamo oggi il contributo del dottor Piero Labate che ci parla di aterosclerosi
Arteriosclerosi e aterosclerosi spesso sono utilizzati come due sinonimi, ma sono ampiamente studiati i fenomeni che ne definiscono una rilevante differenza o, meglio, l’una può essere considerata una speciale forma dell’altra.
L’arteriosclerosi rappresenta un fenomeno vasale in cui si riscontra un indurimento della parete arteriosa che può essere causato da diversi motivi: aterosclerosi, sclerosi calcifica mediale di Möncheberg (calcio nelle pareti delle arterie) o arteriolosclerosi (arteriosclerosi che colpisce le arteriole).
L’aterosclerosi è una patologia del sistema cardiovascolare caratterizzata da un’elevata risposta infiammatoria e fibroproliferativa. È dovuta alla concomitanza di cause genetiche e ambientali.
I fattori predisponenti possono essere divisi anche in due categorie:
- non modificabili
- età
- sesso
- fattori genetici
- modificabili
- dislipidemia
- fumo
- ipertensione
- diabete
- inattività fisica
- obesità
- stress
L’inizio dell’evoluzione di un ateroma (placca formata da lipidi, proteine e tessuto fibroso) comincia sempre da un danno endoteliale del vaso, generato da ipertensione, radicali liberi, prodotti della glicazione non enzimatica, immunocomplessi o infezioni da virus, batteri o tossine.
La patogenesi dell’aterosclerosi prevede quindi un danno endoteliale che porta inevitabilmente a tre conseguenze:
- aumento della permeabilità del vaso alle macromolecole (fra cui LDL);
- diminuzione della sensibilità a molecole vasodilatatorie come l’ossido nitrico;
- richiamo di cellule leucocitarie.
A causa di un danno alle pareti delle arterie, che si crea quasi sempre a livello delle biforcazioni vasali per colpa dei moti turbolenti del sangue, se il livello di colesterolo LDL (Low Density Lipoprotein, lipoproteine a bassa densità, il colesterolo cattivo) è alto, questo si accumula al di sotto dei primi strati di tessuto, dove si lega ai proteoglicani della matrice extracellulare formando delle strie lipidiche. L’evento successivo che complica il quadro è la modificazione per ossidazione nella parte proteica o lipidica delle lipoproteine che causa un richiamo di macrofagi e linfociti T negli stessi strati delle pareti del vaso. I leucociti, tentando di fagocitare il materiale lipidico, si trasformano in cellule schiumose e si moltiplicano. Fino a questo stadio l’aterosclerosi si può definire reversibile.
I passi successivi sono la moltiplicazione e la migrazione delle cellule muscolari lisce nella parete dell’arteria, sotto la produzione di PDFG (Platelet-derived Growth Factor o, in italiano, Fattore di Crescita di Derivazione Piastrinica). Le nuove cellule muscolari lisce che migrano verso l’interno della parete del vaso si differenziano da quelle originali per minor concentrazione di fibrille contrattili e maggior reticolo endoplasmatico rugoso. Queste cellule muscolari lisce hanno un ruolo fondamentale nell’evoluzione della placca perché promuovono la sintesi di collagene, elastina e proteoglicani della matrice extracellulare, rendendo la placca più resistente. Così come è composta, con un cappuccio fibroso biancastro di maggior consistenza e di un core lipidico giallastro di minor consistenza, può diventare vulnerabile o meno.
La placca nel lume vasale è in costante esposizione a forze meccaniche date dall’emodinamica (il movimento del sangue), e la resistenza del cappuccio è data dalla capacità di sintetizzare materiale resistente. In presenza di più globuli bianchi, le cellule muscolari lisce perdono l’efficienza nella sintesi di materiale extracellulare e il cappuccio si assottiglia. Una placca è detta vulnerabile infatti se il cappuccio è assottigliato e vi è un elevato infiltrato leucocitario. Con la rottura della placca, la più facile complicanza è la formazione di trombi che compromettono la funzionalità arteriosa con grave rischio di ischemie.
La placca con il tempo aumenta di dimensione, cerca di espandersi verso l’esterno per poi invadere anche il lume vasale, dove fino al 70% di stenosi (restringimento del vaso) non dà manifestazioni cliniche. Dopo questa soglia, in richiesta di maggior ossigeno, può presentare manifestazioni tipiche come angina pectoris o claudicatio intermittens. L’aterosclerosi colpisce maggiormente vasi come il poligono di Willis (un insieme di arterie della testa), carotidi interne, coronarie, aorta toracica e addominale, arterie mesenteriche, arterie degli arti inferiori.
In base alla localizzazione si manifesta una differente clinica:
- coronarie
- angina pectoris se la carenza di ossigeno dura meno di 20 minuti
- infarto del miocardio se dura di più
- carotidi
- attacco ischemico transitorio (TIA) se dura meno di 24 h
- ictus cerebrale se dura più di 24 h
- arterie mesenteriche
- angina abdominis
- arterie renali
- insufficienza renale
- arterie degli arti inferiori
- claudicatio intermittens
Una complicanza che può interessare vasi di grande calibro come l’aorta addominale è l’aneurisma che si manifesta quando la placca interessa strati più esterni della parete vasale, comprimendoli e causandone atrofia, con la conseguente perdita di elasticità del vaso che sotto l’alta pressione perde la capacità di resistervi, aumentando di calibro fino a creare dei ristagni e rallentamenti ematici. La rottura di un aneurisma risulta fatale.
La diagnostica dell’ateroslcerosi prevede metodi invasivi e non invasivi. Nei primi ritroviamo l’angiografia e coronarografia con possibilità di intervenire sul posto con angioplastica o interposizione di stent medicati o meno, con pericolo però di dissecazione e/o rottura del vaso. Nei metodi non invasivi si annovera ecografia con metodica Color-Doppler, elettrocardiogramma sotto sforzo, angio-TAC e angio-RM.
La terapia dell’aterosclerosi prevede educazione sanitaria, terapia dietetica e farmacologica. Per terapia farmacologica si prevedono farmaci che agiscono sulle LDL, farmaci che agiscono sulle HDL, statine (simvastatina, pravastatina, fluvastatina, atorvastatina, rosuvastatina), fibrati, resine a scambio ionico (colatiramina e colestipolo) e inibitori dell’assorbimento intestinale.
Esiste anche una terapia chirurgica per l’aterosclerosi.
Si pensa che il fenomeno del danno vasale, che favorisce l’instaurarsi dell’ateroma, si manifesti sin dall’età giovanile per procedere lentamente nel tempo e manifestarsi clinicamente in età avanzata.
In questo quadro, la prevenzione primaria ha un grande rilievo. L’aderenza a un sano stile di vita (giuste abitudini alimentari e regolare esercizio fisico) è la chiave per evitare del tutto l’instaurarsi di un terreno fertile, che ponga le basi per lo sviluppo non solo dell’aterosclerosi ma di tutte le patologie cardiovascolari.
Fonti:
- F. Broccolo — Aterosclerosi — Springer, 2010
- Società Italiana per lo Studio della Arteriosclerosi