Pubblichiamo oggi il contributo della dottoressa Iolanda Frangella, Biologa Nutrizionista, che ci presenta il libro La gabbia d’oro
Particolarmente sconcertante era stata la perdita del senso del tempo: il tempo appariva tremendamente accelerato eppure le giornate erano interminabili. “Sapevo soltanto se era giorno o notte; vi era una certa struttura nell’essere portata a scuola in macchina — proprio soltanto spostata da casa a scuola e di ritorno a casa. Si è in uno stato di perpetuo intontimento — non ci si sente veramente presenti. Sono arrivata a un punto in cui dubitavo delle persone che avevo intorno, non ero sicura che esistessero veramente”.
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Molti genitori affermano senza esitazione che questa, la figlia ammalata, era stata migliore dei fratelli, aveva dato grandi soddisfazioni e li aveva rassicurati sulla loro sagacia di genitori.
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È questo modello artificiale a diventare la gabbia, una cosa con cui fare impressione alla gente. Direi che ero stata io ad aver forgiato una gabbia dorata, tempestata di pietre preziose che luccicavano, perché volevo abbagliare gli altri.
Una lente d’ingrandimento e un bisturi: questi due strumenti immaginari ci vengono messi in mano durante la lettura, per guardare al fitto mondo che si nasconde sotto quella che può sembrare una semplice alterata percezione dell’immagine corporea. Grazie alla sua ampia casistica, Hilde Bruch, una delle massime autorità in campo mondiale negli studi sull’anoressia mentale, descrive e definisce l’intero quadro della malattia, i cui esordi e confini sono spesso da ricercare in tempi lontani, apparentemente dimenticati ma chiari e vividi nella mente di queste “vittime”. Un libro scorrevole per quanto forte, ricco, che permette di conoscere per imparare a riconoscere e quindi prevenire.
Per approfondimenti:
H. Bruch — La gabbia d’oro — Feltrinelli, 2003