Quando si parla di passione per il cibo nei romanzi di Montalbano si fa allusione sia a una passione di tipo spirituale sia a quella amorosa o carnale. Il cibo di volta in volta incarna questi due aspetti dello stesso sentimento, così il commissario spesso paragona le pietanze a un’ispirazione divina e il loro consumo a un’esperienza che lo conduce alla sublimazione dei sensi. “Più che una nuova ricetta per cucinare i polipetti, l’invenzione della signora Elisa, la moglie del questore, sembrò al palato di Montalbano una vera ispirazione divina. Se ne pigliò una seconda abbondante porzione e quando vide che anche questa stava per finire, rallentò il ritmo della masticazione, a prolungare, sia pure per poco, il piacere che il piatto gli procurava. La signora Elisa lo taliava felice: come ogni buona cuoca, godeva dell’estatica espressione che si formava sulla faccia dei commensali mentre gustavano una sua portata. E Montalbano, per l’espressività del volto, era fra gli invitati preferiti”. (La forma dell’acqua)
Anche il più distratto lettore dei romanzi di Camilleri è ben conscio di quanto sia importante il cibo per il “suo” personaggio, il commissario Montalbano. Leggere uno qualsiasi dei racconti dello scrittore siciliano significa immergersi nei profumi e nei sapori dell’Isola ma significa anche scrutare nel complesso rapporto che lega Montalbano, con le sue piccole e grandi manie, alla tavola e al mangiare.
I segreti della tavola di Montalbano è ricco di citazioni e ben corredato di saporite ricette della cucina siciliana e mediterranea in genere. La sua lettura consente di approfondire la conoscenza del personaggio in modo lieve, non accademico, magari sognando di essere seduti in una terrazza a gustare, in rigoroso silenzio, un piatto di “sarde a beccafico” sfiorati dalla brezza del mare sottostante.
Per approfondimenti:
S. Campo — I segreti della tavola di Montalbano — Il leone verde Edizioni, 2009