Pubblichiamo oggi il contributo della dottoressa Manuela Fè, Biologa Nutrizionista, sull’effetto dell’alcol sulla funzionalità epatica
Il fegato è responsabile di molte funzioni, tutte preziosissime per il nostro organismo, ma proprio per la sua complessità è difficile attribuirgli un ruolo chiaro e specifico.
La medicina ci insegna che quando conosciamo e capiamo bene la funzione di organo è più facile prendersene cura. Perciò, prima di tutto, vorrei descrivere meglio questo organo fondamentale.
Sappiamo che è una ghiandola — ma non solo — e che le sue funzioni sono tutte indispensabili e insostituibili, per riassumerle potremmo partire dal fatto che produce la bile, che permette all’intestino di assimilare i grassi e le vitamine annesse; può produrre glucosio a partire da altre sostanze, processo fondamentale per mantenere la glicemia tra un pasto e l’altro ed evitare di doverci alimentare continuamente; è responsabile della sintesi dei trigliceridi e del colesterolo, che sono essenziali per la vita delle cellule.
È fondamentale anche per la coagulazione, poiché produce fibrinogeno e trombina; funge da deposito di vitamine e minerali (vitamina B12, ferro, rame…); converte sostanze molto tossiche come l’ammoniaca in urea, meno dannosa per l’organismo; smaltisce l’emoglobina e distrugge le sostanze tossiche che assumiamo volontariamente o involontariamente.
Per mantenere sano questo organo è utile anche capire quali sono le sue patologie. La prima di cui si può discutere è la cirrosi.
Per cirrosi si intende una progressiva sostituzione di tessuto epatico con tessuto fibroso non vitale, con distruzione delle cellule del fegato e conseguente perdita di funzione d’organo.
Principalmente la cirrosi è causata da epatiti virali croniche, in cui cioè il virus non viene debellato per lungo tempo o da abuso di alcol, o da entrambe le cose insieme.
Un’altra patologia comune è la steatosi epatica (o fegato grasso) che significa eccessivo accumulo di grasso nelle cellule del fegato; le cause possono essere alcolismo, eccessiva alimentazione, ma può essere anche secondaria ad altre condizioni come diabete o ipertrigliceridemia. In alcuni casi la steatosi può danneggiare il fegato fino a provocare cirrosi e insufficienza d’organo.
Come si intuisce da queste poche righe, l’alcol può rappresentare un pericolo enorme per il nostro fegato ed essere anche l’unico responsabile di severe patologie.
Tanto che per chi soffre di malattie del fegato l’uso di alcol è del tutto bandito, ma anche per chi ha un fegato sano le dosi di alcol da consumare vanno controllate strettamente.
Le dosi di alcol giornaliere considerate a basso rischio, per persone che abbiano un fegato sano, sono di 30 g di alcol per gli uomini e di 20 g di alcol per le donne, sempre rigorosamente a pasto.
Come calcolarli?
Un bicchiere di birra (330 ml), un bicchiere di vino da 150 ml, un bicchierino di super alcolico da 40 ml, contengono mediamente 12-15 g di alcol.
I conti sono presto fatti e vediamo che per un donna la dose sicura è un bicchiere di vino al giorno, per l’uomo due.
Ma come mai l’alcol è così dannoso per il fegato? Anzitutto l’alcol viene metabolizzato quasi esclusivamente dal fegato grazie all’enzima alcol deidrogenasi (ADH) che converte l’alcol in acetaldeide, a sua volta poi trasformata in acetato e metabolizzata definitivamente in acqua e anidride carbonica. L’alcol quindi viene ossidato e libera energia, precisamente 7 Kcal per grammo. Nonostante ciò, spesso gli alcolisti sono molto magri a causa della malnutrizione che caratterizza i forti bevitori.
Il danno che l’alcol può provocare al fegato è diverso da individuo a individuo, questo perché varia la capacità individuale di metabolizzare l’alcol, rendendolo più o meno dannoso.
L’enzima ADH, infatti, esiste in due varianti alleliche, una più efficiente, l’altra meno. I portatori delle varianti meno efficienti avranno reazioni tossiche maggiori a causa dell’alcol. Ne sono un esempio le popolazioni asiatiche, soprattutto giapponesi, dove l’allele più svantaggioso è maggiormente rappresentato.
I danni principali dell’alcol sono soprattutto: infiammazione e produzione di radicali liberi. Negli alcolisti la produzione di radicali liberi che danneggiano le cellule epatiche è anche aumentata dal fatto che aumenta la metabolizzazione dell’alcol da parte del citocromo P450, che aumenta nei bevitori e genera radicali liberi in maniera più significativa.
A peggiorare la situazione c’è il fatto che il glutatione, un antiossidante contenuto nei mitocondri che dovrebbe proteggere le cellule dal danno da radicali, è inibito dall’alcool, così come la concentrazione di vitamina A ed E, altri due importanti antiossidanti.
Si può riassumere che il danno epatico sia poi provocato principalmente da infiammazione e radicali liberi.
Oltre a impostare una corretta alimentazione ricca di fibre, povera di grassi e con abbondante frutta e verdura, per persone con un fegato affaticato dall’alcol sono adatti anche supporti nutrizionali come l’S-Adenosil-L-Metionina (SAM) che promuove la formazione di glutatione, oltre a supporti di vitamina E.
Fonti:
- Epstein M — Alcohol’s impact on kidney function — Alcohol Health Res World. 1997;21(1):84-92
- FIRE – ONLUS, Fondazione Italiana per la Ricerca in Epatologia
Gent.le Collega,
si può sottolineare che l’evoluzione del danno epatico passa dalla steatosi(reversibile con la dieta e il dimagrimento, alla fibrosi(irreversibile)che evolve o in cirrosi o in neoplasia. Oltre alla degenerazione grassa del fegato causata dall’alcol, esiste la steatosi epatica non alcolica (NAFLD – Non Alcoholic Fatty Liver Disease)che si riscontra in persone in sovrappeso e/o obesità.Secondo alcuni, già in condizioni di steatosi, occorerebbe eseguire una biopia, perchè si potrebbero già evidenziare delle cellule pre-cangerose.In ogni condizione di sofferenza epatica, se non si è normopeso, ma in eccesso di peso è consigliabile, mettersi a dieta, eliminando gli unici alimenti epato-lesivi: l’alcol e le fritture; si consiglia, inoltre, di ricorrere a pasti leggeri e mangiare, frazionando il più possibile la quota calorica giornaliera. L’attività fisica può essere di aiuto nella perdita di peso, ma deve essere tale da non stancare il soggetto; il riposo consente al fegato la ripresa.Buone cose.