Pubblichiamo oggi la prima parte dell’articolo della dottoressa Giovanna Pitotti, Biologa Nutrizionista, su nutrienti bioattivi e obesità
L’obesità è una patologia multifattoriale complessa, influenzata dallo stile di vita, dal comportamento, dall’ambiente e da fattori genetici. L’aumento del tessuto adiposo è dovuto all’ipertrofia degli adipociti (aumento della dimensione) o alla loro iperplasia (aumento del numero). L’iperplasia dipende dalla proliferazione e dalla conseguente differenziazione dei pre-adipociti e delle cellule adipose staminali, mentre l’ipertrofia dall’accumulo eccessivo di lipidi all’interno delle cellule.
Il tessuto adiposo, però, oltre che una riserva energetica, un regolatore della temperatura e uno strato protettivo per molti organi vitali, rappresenta anche un organo metabolicamente attivo importante nell’omeostasi energetica attraverso la secrezione di adipochine e citochine. Infatti ha caratteristiche diverse negli individui magri in cui sono presenti adipociti di piccole dimensioni insulino-sensibili e macrofagi (prevalentemente di tipo m2) che aiutano, attraverso una funzione antinfiammatoria, a mantenere la normale funzione metabolica, rispetto agli individui obesi in cui è caratterizzato da adipociti di dimensioni maggiori, insulino-resistenti, accompagnati dalla presenza di macrofagi della classe m1, costantemente attivati e con funzione infiammatoria che ne alterano la funzione secretoria. In base a queste differenze fisiologiche, emerse dai vari studi sull’argomento, è risultato che l’obesità è caratterizzata da una condizione di infiammazione cronica di basso grado dovuta principalmente a uno sbilanciamento tra la produzione e la secrezione di citochine pro-infiammatorie e antinfiammatorie.
Per questo motivo, anche se spesso parlando di cause dell’obesità ci si focalizza sull’aumento della sedentarietà e sull’eccesso di calorie assunte, va sottolineata anche l’importanza della qualità e del potere bioattivo dei nutrienti assunti. La composizione di una dieta, intesa anche come corretta alimentazione, è fondamentale in quanto molti elementi — con le loro proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antiproliferative — possono influenzare le funzioni cellulari (metaboliche ed endocrine) e conseguentemente il bilancio energetico. I nutrienti bioattivi maggiormente studiati negli ultimi anni in relazione alla loro azione modulatoria sul tessuto adiposo sono alcuni acidi grassi e i composti fenolici (curcumina, quercetina, epigallocatechina-gallato, resveratrolo e isoflavoni): questi ultimi saranno descritti in un prossimo articolo.
La quantità e la tipologia degli acidi grassi assunti con la dieta sono importanti fattori in grado di influenzare le funzioni del tessuto adiposo e quindi del metabolismo in generale. In base alla loro struttura, gli acidi grassi si distinguono in saturi, polinsaturi (PUFA) e monoinsaturi (MUFA) ed è proprio la differenza dal punto di vista chimico a decretare la loro differenza dal punto di vista funzionale.
Gli acidi grassi saturi, che troviamo prevalentemente nei prodotti industriali, nei cibi animali (latte e latticini, burro, lardo, insaccati) e in alcuni cibi vegetali (cocco, olio di palma…), hanno un forte potere pro-infiammatorio in quanto attivano i TLR (Toll-like receptor) presenti sulla superficie degli adipociti i quali attivano NF-ҡB (nuclear factor- ҡB) un fattore di trascrizione e potente induttore della trascrizione genica di diverse citochine pro-infiammatorie quali il TNF-α (tumor necrosis factor-α), l’IL-6 (interleuchina-6) e il PAI-1 (plasminogen activator inhibitor-1).
Gli acidi grassi polinsaturi, della serie omega-3, in particolare l’EPA e il DHA, presenti prevalentemente nel pesce azzurro (alici, sgombro, salmone, tonno) e nell’olio di pesce, hanno effetti benefici sul tessuto adiposo incrementando la produzione di citochine antinfiammatorie (adiponectina) e diminuendo quella delle citochine pro-infiammatorie tra cui TNF-α, IL-6 e PAI-1. Inoltre a livello cellulare attivano AMPK che promuove la beta-ossidazione degli acidi grassi nel tessuto adiposo e inibiscono la lipogenesi epatica attraverso un meccanismo dipendente da PPARα e AMPK.
Gli acidi grassi monoinsaturi, la cui fonte principale è l’olio d’oliva, sono largamente presenti anche in molti frutti e noci tra cui l’avocado, le mandorle, le noccioline, gli anacardi, le noci e il cioccolato fondente. Diversi studi hanno dimostrato che i MUFA, in particolar modo l’acido oleico, hanno effetti benefici sulla diminuzione dell’adiposità e sull’incremento della sensibilità insulinica negli obesi. I meccanismi d’azione prevedono una diminuzione dell’espressione genica del gene della resistina (un ormone prodotto dal tessuto adiposo che favorisce l’insulino-resistenza) e un incremento dell’espressione del gene dell’adiponectina (ormone coinvolto nel metabolismo degli acidi grassi).
Questi dati, ottenuti in seguito a diversi studi in vitro e in vivo e parzialmente confermati sull’uomo, sottolineano l’importanza di una dieta bilanciata che preveda un equilibrato rapporto tra i diversi acidi grassi. Quindi un’alimentazione sullo stile mediterraneo, che si basa sulla scelta accurata dei cibi e contenga principalmente grassi monoinsaturi di origine vegetale o grassi polinisaturi provenienti dal pesce, considerando soprattutto la loro composizione e non solo il loro apporto energetico, costituisce, a mio avviso, il modello alimentare migliore per prevenire e combattere l’obesità e le patologie a essa correlate.
Fonti:
- Siriwardhana N, et al. — Modulation of adipose tissue inflammation by bioactive food compounds — J Nutr Biochem. 2013 Apr;24(4):613-23. doi: 10.1016/j.jnutbio.2012.12.013
- Wang S, et al. — Novel insights of dietary polyphenols and obesity — J Nutr Biochem. 2014 Jan;25(1):1-18. doi: 10.1016/j.jnutbio.2013.09.001