L’autore è Bartolomeo Sacchi, detto il Platina (latinizzazione di Piadena, un borgo in provincia di Cremona dove era nato nel 1421). Inseritosi a Roma fra gli allievi di Pomponio Leto, dal 1475 alla morte, avvenuta nel 1481, fu alla guida della Biblioteca di palazzo — come allora era definita la Vaticana — per volere di Sisto IV.
Negli anni o mesi immediatamente antecedenti la sua nomina a bibliotecario diede alle stampe, in forma anonima e senza note tipografiche, il volume di cui sto parlando, presso il tipografo Uldericus Han. Subito dopo, nel 1475, lo ristampò a Venezia per i torchi di Laurentius de Aquila e Sybillinus Umber, questa volta svelandosi come autore e fornendo le note tipografiche.
Nei cento anni successivi l’opera ebbe una grande diffusione, anche al di là dei confini italiani: ne comparvero oltre trenta edizioni e numerose traduzioni in francese, inglese e tedesco. Appunto, un vero bestseller.
Platina non compila solo un ricettario ben costruito, ma contestualizza le ricette in un quadro medico-filosofico, soffermandosi sul ruolo che i cibi possono avere sia da un punto di vista igienico sia da un punto di vista sociale e conviviale.
La storia della cultura italiana è ricca di sorprese: un bibliotecario si rivela essere un esperto, non solo di cucina, ma anche di nutrizione. L’interesse internazionale per questo testo ha suggerito alla Biblioteca Apostolica Vaticana di inserire l’incunabolo, cioè l’antico libro a stampa che lo contiene, tra i primi che sono stati messi a disposizione degli studiosi in forma digitale.
Per approfondimenti:
C. Pasini — L’Osservatore Romano, 05 marzo 2015