Pubblichiamo oggi l’articolo della dottoressa Alessandra Miccono, Biologa Nutrizionista, sulle anemie
Il termine anemia deriva dal greco e significa “senza sangue”, ma cos’è l’anemia e come orientarsi tra le diverse forme di questa patologia? Si può agire dal punto di vista nutrizionale?
In generale si parla di anemia quando la massa degli eritrociti (globuli rossi) del sangue non riesce a soddisfare le esigenze di ossigeno dei tessuti in condizioni di riposo, ovvero quando si ha una riduzione dell’emoglobina totale dovuta per lo più a carenza di globuli rossi. Nell’emocromo si assiste quindi a una riduzione al di sotto dei valori normali della concentrazione di emoglobina, del numero di globuli rossi, dell’ematocrito o all’alterazione di altri parametri ematici come il volume corpuscolare medio (MCV).
L’anemia colpisce tutti i distretti corporei e si manifesta principalmente con affaticamento, debolezza muscolare, sclera gialla, compromissione della crescita nei bambini.
Cerchiamo adesso di distinguere le varie forme di anemia. Esistono molti modi per classificare la patologia.
Se si parla di morfologia, il parametro da tenere in considerazione è il volume corpuscolare medio degli eritrociti (MCV).
- Anemie microcitiche (MCV < 80 fL)
- Anemie macrocitiche o megaloblastiche (MCV > 100 fL)
- Anemie normocitiche (MCV 80-100 fL)
Altri tipi di classificazioni possono essere fatte su base patogenetica, anatomo-funzionale e biochimica.
- Anemie ipocromiche/ipoproliferative
- Emorragie
- Anemie emolitiche
Le cause dell’anemia sono molte (genetiche, secondarie a patologie, eccetera); tuttavia ci sono carenze nutrizionali che possono dare origine alla patologia ed essere trattate con l’alimentazione: deficit di acido folico, di vitamina B12 o di ferro.
L’acido folico (o vitamina B9 o acido pteroil-glutammico) è una vitamina la cui carenza genera anemia macrocitica o megalobalstica, che spesso si verifica in gravidanza a causa dell’aumentata richiesta della vitamina da parte del feto. In questo caso le cellule non sono in grado di sintetizzare DNA e dividersi correttamente. Un’aumentata richiesta di folati si verifica anche in caso di anemia emolitica e patologie quali malaria e tumori, perché causano un aumento dell’emopoiesi. Inoltre la vitamina B9 viene spesso persa in seguito a dialisi per insufficienza renale. In alcune situazioni si può avere malassorbimento della vitamina, come nel caso della malattia celiaca. È bene ricordare che l’acido folico è termolabile (può essere perso durante la cottura) e labile alla conservazione (ovvero è meno presente nei cibi conservati). Ne sono ricchi alimenti quali verdure a foglia, legumi, uova.
La vitamina B12 (o cianocobalammina) è un micronutriente idrosolubile che in parte assumiamo con l’alimentazione e in parte viene prodotto dalla flora microbica intestinale. In natura viene sintetizzata da alcuni batteri. Gli alimenti vegetali (eccetto alcune alghe) non contengono cobalamina. Per essere assorbita necessita di una proteina chiamata fattore intrinseco (prodotta dalle cellule parietali dello stomaco), per cui esistono delle condizioni non modificabili con la sola dieta che potrebbero limitare l’assorbimento della B12: alcune patologie gastriche o addirittura la resezione dello stomaco in seguito a particolari malattie. Anche l’anemia perniciosa (origine autoimmune) è caratterizzata da globuli rossi di dimensioni grandi e di numero ridotto perché in questo caso le cellule del sistema immunitario riconoscono come non-self, ovvero estranee, le cellule dello stomaco e attaccandole impediscono la sintesi del fattore intrinseco necessario per assorbire la vitamina B12: in questo caso il disordine è di carattere gastroenterologico ma determina malassorbimento della vitamina. La carenza di vitamina B12 determina anemia megaloblastica (con emazie più grosse e quindi volume corpuscolare medio maggiore) e in alcuni casi è responsabile di neuropatie. Anch’essa è termolabile e si trova principalmente in alimenti di origine animale (carne, latte, pesce), alcune alghe e laddove c’è stata contaminazione batterica. È prodotta dalla flora microbica, ma è perduta con le feci, perché in questo caso la biosintesi avviene nel colon ma il suo assorbimento nel tenue. Diverso è il discorso per i ruminanti che sono capaci di assorbire la vitamina perché prodotta dalla flora batterica gastrica.
La carenza di ferro determina invece anemia microcitica. Il ferro è assunto con l’alimentazione ed è importante non solo per lo scambio di ossigeno tra i tessuti ma anche perché interviene in molti processi dell’organismo. Cerchiamo in breve di spiegare il ciclo dei globuli rossi, la loro importanza nel trasporto dell’ossigeno ai tessuti e in che modo il ferro risulta determinante. Il midollo osseo grazie alla stimolazione da parte dell’ormone eritropoietina (EPO) produce eritrociti (i quali hanno una vita media di circa 120 giorni, dopo di che vengono eliminati grazie al fegato e alla milza in un processo definito emocateresi). Gli eritrociti sono cellule, dalla forma simile a quella di un disco biconcavo, che al loro interno contengono una particolare proteina chiamata emoglobina. L’emoglobina, a sua volta, contiene 4 atomi di ferro che sono fondamentali per legare l’ossigeno e trasportarlo ai distretti corporei. Esistono due tipi di ferro (eme o non eme) a seconda che il minerale sia legato al gruppo eme delle proteine (come nel caso dell’emoglobina o della mioglobina) oppure no. Inoltre, il ferro si trova in due stati di ossidazione differenti a seconda delle necessità: forma trivalente (Fe3+ nella transferrina e nella ferritina) o bivalente (Fe2+ nell’emoglobina e mioglobina). Il Fe3+ prevale a pH basico-neutro ma crea complessi insolubili e non viene assorbito (non entra nella cellula); il Fe2+ prevale a pH acido ed è ben assorbito. Il ferro ferroso (Fe2+) non serve per sintetizzare l’emoglobina ma si trasforma in ferro ferrico (Fe3 ) che è importante per la sintesi dell’emoglobina.
Sono ricchi di ferro alimenti come carne, legumi, cacao amaro in polvere, cereali (crusca o germe di frumento). Il ferro eme è assorbito meglio dal nostro organismo rispetto al ferro non eme: se in forma emica (ferro della carne) viene assorbito direttamente; il ferro non eme, ovvero quello contenuto negli alimenti di origine vegetale, viene assorbito legato a un chelante come l’acido ascorbico (da qui la buona abitudine di usare il limone o frutta ricca di vitamina C per facilitarne l’assorbimento). È bene sottolineare che la carne cotta rende il minerale più disponibile perché con il trattamento termico viene aperta la tasca dell’eme in cui è presente il ferro, che è in questo modo accessibile all’organismo. Inoltre, alcune sostanze alimentari inibiscono l’assorbimento del minerale: è il caso del calcio, ma anche di fitati, ossalati, tannini presenti nei vegetali, nel tè e nel caffè. Per un maggior assorbimento del ferro è opportuno adottare anche tecniche di preparazione e cottura degli alimenti che attivino le fitasi endogene e che diminuiscano quindi i fitati presenti. La carenza di ferro può essere dovuta a uno scarso apporto alimentare, ma può avere anche origine da cause non nutrizionali: un’eccessiva perdita (infezioni, emolisi, emorragie anche semplicemente durante il periodo mestruale nelle donne) o insufficiente assorbimento (in caso di patologie: celiachia o ipocloridria) o ancora per aumentato utilizzo da parte dell’organismo (tipico caso della gravidanza).
Con questo breve articolo spero di aver fatto luce su un argomento così complesso e aver chiarito che, solo dove possibile, si agisce anche con l’alimentazione.
Per approfondimenti:
G. Arienti — Le basi molecolari della nutrizione — Piccin, 2010
Grazie! Articolo interessantissimo