Lo scorso marzo è stata pubblicata una ricerca molto interessante sulla rivista «Annals of Internal Medicine». I ricercatori si sono chiesti se effettivamente ci fosse un evidente legame tra il consumo di grassi saturi e lo sviluppo di malattie cardiovascolari (cardiovascular disease — CVD), così sono andati a leggere la letteratura attualmente disponibile sull’argomento e hanno cercato di tirare le somme. Questo tipo di lavoro, in particolare, si chiama metanalisi: si raccolgono studi scientifici, si scelgono quelli che rispettano determinati requisiti (standard) e si fa una statistica dei risultati ottenuti. In questo modo è possibile lavorare con un campione virtualmente enorme, perché si parla di tutte le persone coinvolte nei singoli studi.
La ricerca è stata condotta su 72 studi, prendendo in considerazione il collegamento tra il consumo di vari tipi di grassi e lo sviluppo di CVD. I risultati sono stati sorprendenti: nonostante gli assunti fin qui utilizzati per stilare le linee guida nazionali e internazionali, i vari tipi di acidi grassi saturi considerati come gruppo unico non mostrano un collegamento statisticamente significativo con lo sviluppo di malattia. Ma c’è di più: acidi grassi omega-3 e omega-6, anche questi presi come gruppi, non mostrano evidenti effetti protettivi.
C’è però anche un’altra cosa da considerare: gli acidi grassi non sono tutti uguali e nel gruppo degli omega-3, degli omega-6 e degli acidi grassi ci sono diverse molecole. I ricercatori hanno affinato la loro analisi per le singole molecole e hanno trovato che gli effetti protettivi più evidenti si trovano nel consumo di acido margarico (un grasso saturo presente solo in tracce nel latte dei ruminanti), acido docosapentaenoico, acido docosaesaenoico e acido eicosapentaenoico (degli omega-3 del pesce), acido arachidonico (un omega-6 contenuto nei semi e negli oli vegetali).
C’è infine una conferma, anche se non definitiva, sull’aumento di rischio di CVD dato dal consumo di acidi grassi trans, che aumentano il rischio relativo del 16%.
Questa ricerca non cambia le line guida generali, che consigliano di non eccedere con gli acidi grassi saturi, per due motivi:
- c’è bisogno di più di una verifica, anche se questa metanalisi getta nuova luce sul valore di questi nutrienti;
- nelle linee guida si consiglia di non esagerare con i grassi saturi, che in ogni caso aumentano l’introito calorico e potrebbero portare a obesità, causando CVD indirettamente.
L’approccio migliore all’alimentazione è sempre dato dalla moderazione, ed è solo un bene che la ricerca vada nella direzione di verificare ogni affermazione, per essere sempre più precisa e utile.
Fonte:
Chowdhury R, et al. — Association of dietary, circulating, and supplement fatty acids with coronary risk: a systematic review and meta-analysis — Ann Intern Med. 2014 Mar 18;160(6):398-406. doi: 10.7326/M13-1788