Da qualche anno io vivo in una città che non conosce questa santa Lucia.
È difficile spiegare ai romani la magia del suono del campanellino che segnalava il passaggio della santa e del suo asinello, quando lo senti nella nebbia.
È difficile pensare a quella festa in questo clima, che a me sembra quasi primaverile: è una festa del culmine dell’inverno, la festa della notte più lunga dell’anno (secondo la tradizione popolare), la festa che indica la speranza dell’arrivo della nuova stagione. E quindi, inevitabilmente, la festa dei bambini.
In ogni zona e in ogni tempo si colora di abitudini diverse: giocattoli, oggetti utili, ma, come in ogni festa, non vengono dimenticate le golosità.
Ormai sono cresciuta e non ricevo più nessun regalo, ma quando ero bambina i dolci erano essenziali: cioccolato, caramelle, torroni, marzapane, liquirizie ripiene e altre caramelle gommose che chiamavamo (e forse qualcuno chiama ancora) bombi, antenati degli attuali orsetti colorati e cocacole masticabili…
Mi stupivano sempre i racconti di mia madre, bambina appena prima della seconda guerra mondiale, che raccontava della gioia che provavano quando la mattina al risveglio trovavano mandarini e frutta secca e si consideravano dei privilegiati. E forse lo erano, perchè non tutte le famiglie potevano permetterselo.
Non ho strumenti per compiere un’analisi storica, ma credo che a quei tempi, al suo paese (a pochi chilometri da Reggio Emilia), trovare questi agrumi non fosse semplicissimo. Posso immaginare l’entusiasmo di bambini che li assaggiavano per la prima volta: scoprire un frutto così dolce e profumato. In alcune famiglie è rimasta l’abitudine di conservarne le bucce, per appoggiarle vicino al calore (una volta il camino, ora il calorifero) e riempire di profumo l’aria.
Ora siamo abituati alle clementine, senza semi e dolcissime, ma il mandarino rimane comunque uno degli agrumi più aromatici.
Per i bambini, che crescevano in zone nebbiose e fredde, la vitamina C degli agrumi, costituiva il dono più bello, in tempi in cui non ci si poteva difendere dalle influenze invernali con tutte le armi farmacologiche che abbiamo ora. E, a differenza dell’olio di fegato di merluzzo, che costituiva l’unico prodotto ricco di vitamine disponibile per i bambini di allora, era una cura piacevole.
La frutta secca (credo, ma non ne sono sicura, si trattasse soprattutto di noci, nocciole, mandorle e fichi, i più diffusi in quelle zone): un supplemento calorico utile per i più piccoli, ricco di minerali e grassi vegetali indispensabili per una crescita corretta.
Quanta differenza rispetto alle montagne di dolciumi che vengono proposte ora, in tutte le feste!
Santa Lucia, ma anche Babbo Natale e la Befana, dovrebbero ripensare a quei tempi e decidere quello che è bene per i bambini senza farsi condizionare da certe pubblicità!
Fonte:
EUFIC (European Food Information Council) — Come combattere i malanni della stagione invernale
Mia nonna, che di anni ne ha fatti 90, racconta che Santa Lucia portava anche a lei i mandarini, i portogai (termine dialettale per indicare le arance) e i cachi, oltre che noci. L’abitudine è stata mantenuta. Alla mattina del 13 dicembre la tavola della nonna è piena di piatti: 5 per i figli, 5 per i nipoti e 2 per i pronipoti. Oltre ai regali e ai dolcetti tutt’ora ci sono mandarini e frutta secca. Ma i bimbi piccoli… puntano alle caramelle.