Quanti hanno una risposta alla domanda posta nel titolo? Probabilmente già molti sanno che le carni rosse, così come i salumi, gli insaccati e le altre carni processate sono da limitare. Ma proprio le indicazioni nutrizionali più consolidate, hanno bisogno anche dei perché, per essere maggiormente rafforzate e seguite.
Iniziamo con il dare una definizione univoca di carni rosse.
Le carni vengono generalmente distinte in bianche, rosse e nere, a seconda del colore che assumono dopo la macellazione, della tipologia e dell’età degli animali da cui derivano.
Le carni rosse si ottengono da animali da macello come bovini, ovini e caprini. Le carni bianche si ottengono da animali da cortile. Le carni nere, che derivano da cacciagione come cervi, volatili e cinghiali, sono sempre carni rosse, ma caratterizzate da una colorazione particolarmente intensa. In realtà le carni bianche comprendono anche animali giovani che in età adulta sono classificati come carne rossa, quali ad esempio agnello, vitello e capretto. La carne di maiale, in relazione al colore, è da considerarsi bianca.
Le carni rosse, a differenza delle bianche, sono più ricche di mioglobina, una proteina di forma globulare contenente ferro e che trasporta l’ossigeno nei tessuti muscolari. Più il muscolo è attivo, maturo, sviluppato e più è alto il contenuto di mioglobina, più il colore della carne è rosso.
Molti studi epidemiologici hanno riportato una significativa associazione tra consumo di carni processate (come pancetta, würstel, salsiccia, salame e affettati in genere) e di carni rosse, e un’incrementata incidenza di cancro del colon. Al momento si stima che per ogni 100 g di carne rossa o 50 g di carne processata consumata quotidianamente, la probabilità di sviluppare cancro del colon aumenti del 15-20%.
Le carni rosse, sia per la tipica consistenza che le espone a cotture più prolungate e più invasive sia per il maggior contenuto di grassi [NdA], possono contenere rispetto alle carni bianche una maggiore concentrazione di mutageni, sostanze in grado di danneggiare irreversibilmente il nostro patrimonio genetico (ammine eterocicliche, idrocarburi policiclici aromatici), che vengono prodotti proprio durante la cottura delle carni ad alte temperature.
È stato anche ipotizzato che il maggior contenuto di grassi nelle carni rosse possa favorire la concentrazione di acidi biliari secondari, ovvero quelli elaborati dalla flora batterica intestinale, favorenti anch’essi la cancerogenesi.
La questione delle carni processate è diversa. I nitriti, i nitrati e il sale in esse contenuti causano la formazione di nitrosammine, anch’esse sostanze mutagene.
Lo stesso ferro contenuto dalla mioglobina delle carni rosse può promuovere la formazione di nitrosammine, nonché agire come generatore di radicali liberi in grado di danneggiare il DNA.
Sulla base di queste considerazioni, non è utile solo limitare le carni a un paio di volte a settimana, ma anche prestare attenzione a piccoli, ma importantissimi accorgimenti, quali:
- lavare la carne rossa sotto acqua corrente prima della cottura, per rimuovere il sangue residuale e l’emoglobina, proteina in esso contenuta e contenente ferro;
- dopo la cottura, lasciare riposare la carne prima di servire, in questo modo la pietanza si riprende dallo shock termico, e continua a far fuoriuscire gli ultimi residui di emoglobina, che dovrebbero essere lasciati nel piatto;
- porre attenzione alla modalità di cottura della carne scegliendo metodi meno invasivi quali la brasatura, la bollitura, la cottura al microonde e la cottura al forno, piuttosto che la frittura spinta, la cottura alla griglia o il barbecue;
- preparare la carne prima di cuocerla con erbe e spezie, in modo da attenuare i fenomeni ossidativi e la formazione di radicali liberi.
Fonti:
- Benessere 360 — Carni bianche
- D. Khayat, F. Carp, N. Hutter-Lardeau — La vera dieta anticancro — Mondadori, 2011
- Kushi LH, et al. — American Cancer Society Guidelines on nutrition and physical activity for cancer prevention: reducing the risk of cancer with healthy food choices and physical activity — CA Cancer J Clin. 2012 Jan-Feb;62(1):30-67. doi: 10.3322/caac.20140