Spesso ci sentiamo dire, anche sulla stampa generalista, che avere il “colesterolo buono” alto è una cosa positiva: ma sarà sempre vero?
La risposta pare essere proprio “no”.
Il colesterolo è una molecola fortemente idrofoba e quindi, per poter essere veicolato nel sangue, deve essere “impacchettato” in qualcosa che lo tenga lontano dall’ambiente acquoso. Il “qualcosa” in questione sono delle strutture (dette lipoproteine) che si suddividono in varie categorie, in base alla loro densità:
- le lipoproteine a bassa densità (LDL), che portano il colesterolo verso la periferia, con aumentato rischio di deposito nei vasi (aterosclerosi);
- le lipoproteine ad alta densità (HDL), che riportano il colesterolo verso il fegato (riducendo quindi il rischio di deposito).
L’aterosclerosi è dovuta alla formazione di placche di colesterolo nei vasi, fatto che aumenta il rischio di problemi cardiovascolari, infarti, trombi e ictus.
Già da tempo sono usciti studi che hanno dimostrato che non sempre un aumento del colesterolo HDL (quello che viene comunemente definito “buono” sulla stampa) necessariamente riduce il rischio di eventi cardiovascolari1, quindi non sorprende troppo quanto emerge da uno studio appena pubblicato su «Science»2.
In questo studio gli autori evidenziano l’esistenza di una variante genetica del gene SCARB1, che va a codificare per un recettore delle HDL SR-BI: il più importante recettore per le HDL. Questa mutazione — che consiste nel cambio di un solo aminoacido, uno dei “mattoncini” che costituiscono la proteine del recettore — provoca una diminuzione dell’efficacia del recettore e, se presente in omozigosi (cioè in doppia copia, una per cromosoma omologo), provoca aumenti abnormi nelle concentrazioni circolanti delle suddette HDL.
Viene inoltre notato che i livelli sono più alti del normale anche se il gene era presente in eterozigosi (cioè in copia singola).
E si è anche riscontrato che persone con livelli eccezionalmente alti di HDL avevano anche quantitativi di placche ateromatose decisamente superiori alla media.
In sintesi: il tessuto sul quale si sta formando la placca ateromatosa è impossibilitato a riconoscere le lipoproteine HDL, che avrebbero la funzione di pulire via questi depositi, ma che non riuscendo a farsi riconoscere non possono fare il loro lavoro. Se l’individuo è eterozigote per il recettore riesce a produrne una certa quantità funzionante, quindi l’effetto negativo sarà minore anche se presente; se l’individuo è omozigote invece l’effetto sarà più forte, perché la persona non riuscirà a sintetizzare recettori funzionanti.
Il commento degli autori3 è che bisognerebbe concentrarsi maggiormente sulla motivazione che causa l’aumento delle HDL piuttosto che sull’aumento di per sé. Secondo gli autori, inoltre, questa potrebbe essere una motivazione del perché alcuni farmaci studiati per produrre un innalzamento dei livelli di colesterolo HDL non hanno portato a una riduzione del rischio cardiovascolare nei trial clinici4.
Fonti:
- Landmesser U., — High density lipoprotein – should we raise it? — Curr Vasc Pharmacol. 2012 Nov;10(6):718-9
- Zanoni P., et al. — Rare variant in scavenger receptor BI raises HDL cholesterol and increases risk of coronary heart disease — Science. 2016 Mar 11;351(6278):1166-71. doi: 10.1126/science.aad3517
- Couzin-Frankel J. — Why high ‘good cholesterol’ can be bad news — Science. 2016 Mar 11;351(6278):1126. doi: 10.1126/science.351.6278.1126
- Cimmino G, et al. — High Density Lipoprotein Cholesterol Increasing Therapy: The Unmet Cardiovascular Need — Transl Med UniSa. 2014 Sep 1;12:29-40