Le piante di finocchietto selvatico (Foeniculum vulgare Mill.) si trovano un po’ in tutte le regioni d’Italia, sparse sui prati aridi e incolti.
Dal punto di vista botanico si tratta di una pianta erbacea perenne con fusto eretto, striato, ramificato, alto fino a due metri, appartenente alla famiglia delle Apiaceae. Le foglie cauline sono dotate di guaina leggermente dilatata, i fiori a ombrello hanno 10-12 raggi di differente lunghezza, sono gialli e piccoli a cinque petali e compaiono da giugno a settembre.
I frutti oblunghi, spesso scambiati per semi, sprigionano un intenso aroma di anice. Le foglie si raccolgono in primavera quando sono molto tenere e vengono utilizzate fresche, mentre i fiori si raccolgono nel periodo compreso tra luglio e la prima metà di settembre quando sono ben aperti.
A differenza del finocchio coltivato, quello selvatico non possiede la guaina basale che i contadini ricoprono per farla rimanere bianca (la parte commestibile del finocchio).
Fin dall’antichità si attribuivano a questa pianta virtù medicinali: Plinio la considerava una protezione contro il veleno dei serpenti e un buon sistema per acuire la vista. Quest’ultima proprietà è stata studiata su animali da laboratorio da un gruppo di ricercatori indiani che hanno utilizzato estratti acquosi di finocchio selvatico per scoprire eventuali proprietà utili nel combattere il glaucoma. Nonostante la necessità di ulteriori studi per capire bene il meccanismo d’azione e l’eventuale tossicità nell’uomo, questa pianta ha mostrato una promettente capacità oculo-ipotensiva.
Il finocchio contiene anetolo che di per sé, o sotto forma di polimero, agisce come fitoestrogeno, favorisce inoltre la digestione, è diuretico, antinfiammatorio e anti-ipertensivo.
Nel Medioevo era considerato un’erba magica e nel solstizio d’estate era posto sugli usci per scacciare gli spiriti avversi.
Uno studio condotto dall’INRAN sulla quantità di estragolo (un componente dei semi di finocchio che si trova anche in numerose altre erbe, come il basilico, con possibile attività cancerogena) assunta attraverso i decotti, ha messo in guardia dall’uso eccessivo, soprattutto nei bambini, di queste bevande tradizionalmente usate per alleviare le coliche intestinali. Questi timori per altri ricercatori sono eccessivi, infatti la tossicità su animali da laboratorio è stata testata utilizzando la sostanza isolata, ma nella pianta sono contenute molte altre sostanze che sinergicamente agiscono contrastando l’attività dell’estragolo.
Nicholas Culpeper, botanico, erborista, medico e astrologo inglese vissuto nel ‘600 (fautore di una medicina a metà fra la filosofia umorale di Galeno e l’astrologia, ma anche basata su una buona conoscenza delle piante) spiegava l’abitudine di abbinarlo alla cottura del pesce con la capacità di «liberarlo dell’umore flemmatico» che caratterizza questo alimento.
Del finocchio selvatico in cucina si usano le foglie soprattutto con il pesce, i fiori seccati invece danno un aroma particolare alle patate, alla carne arrosto e alle olive in salamoia, i frutti servono soprattutto per aromatizzare dolci e liquori, ma anche pane, formaggio e per preparare tisane.
Dalla cucina siciliana ci arriva una ricetta che utilizza un ingrediente che si trova nello stesso periodo dell’anno in cui sono disponibili nelle campagne le foglie tenere e verdi del finocchietto, in primavera e inizio estate: le sarde. Questo pesce azzurro diffuso nel Mediterraneo, pur essendo considerato povero (si trova a prezzi veramente bassi), è gustoso e particolarmente ricco di quegli acidi grassi omega 3 tanto raccomandati dai nutrizionisti per contrastare le malattie cardiache e il colesterolo in eccesso. Proprio per questo motivo le sarde devono essere consumate freschissime. Un’altra proprietà di questo pesce è l’abbondante contenuto di calcio (350 mg di calcio per 100 g di alimento).
Pasta con le sarde
Ingredienti per sei persone
- 600 g di maccheroncini
- 800 g di sarde fresche diliscate, private di teste e code
- 2 cipolle
- 50 g di uva passa
- 50 g di pinoli
- abbondante finocchietto selvatico
- olio extravergine d’oliva
- 2 bustine di zafferano
- sale e pepe q.b.
- 100 g di pangrattato abbrustolito
Preparazione
Pulire i finocchietti, bollirli, scolarli, tritarli conservando l’acqua di cottura.
Versare l’olio in un tegame e soffriggervi le cipolle tritate, le sarde, i pinoli, l’uvetta già ammorbidita in acqua tiepida e strizzata. Incorporare i finocchietti tritati e le sarde diliscate. Mescolare con un cucchiaio di legno avendo cura di sminuzzare le sarde. A cottura ultimata del pesce aggiungere una bustina di zafferano sciolto in acqua tiepida, aggiustare con pepe e sale (se necessario).
Lessare la pasta al dente nell’acqua di bollitura dei finocchietti, nella quale sarà stata sciolta l’altra bustina di zafferano.
Scolare la pasta, amalgamarla con la salsa preparata in precedenza e servirla spolverando con il pangrattato abbrustolito.
Per approfondimenti:
- L. Ballerini, A. De Santis — Erbe da mangiare — Mondadori, 2008
- S. Blake — Guida illustrata agli alimenti vegetali — Il Castello, 2009
- Agarwal R, et al. — Oculohypotensive effects of foeniculum vulgare in experimental models of glaucoma — Indian J Physiol Pharmacol. 2008 Jan-Mar;52(1):77-83
- Gori L, et al — Can estragole in fennel seed decoctions really be considered a danger for human health? A fennel safety update — Evid Based Complement Alternat Med. 2012;2012:860542. doi: 10.1155/2012/860542
- Tisana di finocchio: studio INRAN sull’estragolo pubblicato su Food and Chemical Toxicology