Con la consulenza del dottor Domenico Mazzullo, psichiatra e psicoterapeuta
A volte incontriamo persone in equilibrio, senza apparenti problematiche psichiche, e ignoriamo che questa normalità sia stata ripristinata da una terapia farmacologica.
Mi riferisco a una patologia, la schizofrenia, il cui nome fa ancora paura e che sentiamo lontana, ma che coinvolge in media ben una persona su cento.
La schizofrenia, afferma il dottor Domenico Mazzullo, psichiatra e psicoterapeuta, è il disturbo psichiatrico in assoluto più grave, che colpisce senza preferenza di genere e su base probabilmente genetica ed ereditaria. La sintomatologia associata, seppur con gravità diversa a seconda delle forme, si manifesta con: deliri, allucinazioni, ritiro sociale, sintomi motori e stato di agitazione o anaffettività.
Il trattamento farmacologico per la schizofrenia in genere accompagna il paziente per tutta la vita. Per quanto la schizofrenia sia una patologia grave e invalidante, in alcuni casi chi ne è affetto, proprio grazie ai farmaci, può continuare una vita di relazione, che gli sarebbe altrimenti preclusa. Per questo è importante accogliere gli psicofarmaci senza pregiudizio, come ancora oggi avviene tout court.
La terapia per la schizofrenia si avvale di una classe di psicofarmaci definiti antipsicotici, i quali possono essere tipici (i più antichi per scoperta e per questo definiti di prima generazione) o atipici (di seconda generazione). È ormai noto che gli antipsicotici atipici come l’olanzapina e la clozapina, sono gravati da minori o assenti disturbi extrapiramidali (tremore, simil-parkinsonismi, discinesie), che invece coinvolgono gli antipsicotici tipici, altrimenti detti neurolettici. Gli antipsicotici atipici, tuttavia, promuovono come effetto collaterale: sovrappeso, obesità, insulino resistenza e altri dismetabolismi quali aumentati livelli di glucosio nel sangue e alterazioni del profilo lipidico.
Di queste conseguenze deve tenerne conto il medico psichiatra, all’atto della prescrizione, considerando ogni singola storia clinica dei suoi pazienti.
Allo stesso modo il nutrizionista, che avrà a che fare con persone che assumono antipsicotici atipici, dovrà strutturare la dieta e rapportarne l’efficacia agli effetti iatrogeni dell’indispensabile terapia psichiatrica.
Gli antipsicotici atipici presentano un’affinità per molti recettori:
- della dopamina
- della serotonina
- 2,3,6 muscarinici dell’acetilcolina
- adrenergici
- dell’istamina
In particolare sembra che i neuroni istaminergici siano in grado di influenzare il sistema della dopamina e il meccanismo segnale della leptina, scatenando iperfagia e dipendenza da cibo. In più l’attivazione della via dell’acetilcolina avrebbe ripercussioni sul pancreas, sulla produzione di insulina e sull’iperglicemia. In particolare, l’incidenza di diabete nei pazienti schizofrenici che assumono antipsicotici atipici è incrementata di circa due volte rispetto alla popolazione in generale. La probabilità di insorgenza di diabete è massima dopo i 40 anni.
Gli antipsicotici atipici, inoltre, sarebbero in grado di stimolare la sintesi di due importanti molecole oressigene (induttrici della fame) nel sistema nervoso centrale: il neuropeptide Y nel nucleo arcuato dell’ipotalamo e il recettore dell’ormone che concentra la melanina.
Nei pazienti che assumono antipsicotici atipici, pertanto, la sensazione di fame è incrementata. Si stima che il trattamento con clozapina induca in dieci settimane un incremento di circa 6 kg, che diventano in 68 settimane circa 10 kg. Nelle donne l’incremento ponderale è maggiore, stimato in circa 16 kg in 37-38 settimane. Per l’olanzapina l’incremento ponderale medio nei primi sette mesi di terapia è di circa 10 kg, in entrambi i generi.
L’aumento di peso è, quindi, massimo agli inizi della terapia, con maggiore ripercussione sul sesso femminile, in particolare per la clozapina, per poi stabilizzarsi negli anni successivi di trattamento.
La conoscenza dei meccanismi molecolari che conseguono la somministrazione degli antipsicotici atipici e che influenzano il metabolismo potrà rendere più mirato e partecipe l’intervento nutrizionale, che andrebbe attuato sin dalle prime fasi della terapia. Un intervento integrato sullo stile di vita e sull’educazione al movimento si è dimostrato, inoltre, utile nel contenimento del sovrappeso e dei dismetabolismi in questi pazienti che non sempre, soprattutto agli esordi invalidanti della patologia, riescono a controllare la propria alimentazione.
Fonti:
- Volpato AM, et al. — Recent evidence and potential mechanisms underlying weight gain and insulin resistance due to atypical antipsychotics — Rev Bras Psiquiatr. 2013 Jul-Sep;35(3):295-304. doi: 10.1590/1516-4446-2012-1052
- Cuerda C, et al. — The effects of second-generation antipsychotics on food intake, resting energy expenditure and physical activity — European Journal of Clinical Nutrition (2013), 1–7 Dec 11. doi: 10.1038/ejcn.2013.253
- Hjorth P, et al. — A systematic review of controlled interventions to reduce overweight and obesity in people with schizophrenia — Acta Psychiatr Scand. 2014 Jan 17. doi: 10.1111/acps.12245