Il quadro nutrizionale di cozze e vongole è interessante. Sono alimenti altamente idratati, l’acqua rappresenta l’83% del prodotto fresco, con una buona percentuale di proteine pari all’11% circa e un contenuto in grassi relativamente basso, che si aggira intorno al 2%.
Le proteine sono di alta qualità seppur meno abbondanti di quelle del pesce, che ne ha il 23% rispetto al prodotto fresco. Questi molluschi contengono tutti gli aminoacidi essenziali, in parte anche in forma libera. In essi troviamo acidi grassi della serie omega 3 eicosapentaenoico e docosaesaenoico. Hanno un contenuto significativo di colesterolo: 125 mg (su 100 g), più del doppio rispetto al pesce. Degna di nota è l’alta composizione minerale, tra cui il potassio, il ferro e il selenio di cui sono note le proprietà antiossidanti. Sia cozze che vongole sono fonte di vitamina B12 (antianemizzante) e vitamina E (antiossidante). Per le sopracitate caratteristiche minerali e vitaminiche, sono quindi consigliati in caso di anemia sideropenica (da mancanza di ferro).
È nota l’abitudine di consumare questi molluschi crudi, specie le cozze, in parte per tradizione, in parte per la convinzione di consumare un prodotto più valido. In questo caso, di fatto, le proprietà nutrizionali rimarrebbero inalterate, in particolare gli acidi grassi omega 3 e la vitamina E, poiché entrambe le sostanze sono deteriorabili con la cottura. Tuttavia, va anche considerato che il mollusco crudo rimane difficilmente masticabile e in parte indigesto, con potenziale malassorbimento intestinale. La cottura, invece, modifica positivamente la digeribilità rendendo i nutrienti più assimilabili. I trattamenti termici, inoltre, abbattono la maggior parte della carica microbica, risanando l’alimento. Una cottura ben condotta, in cui i molluschi non vengono eccessivamente sfruttati genera, dunque, un prodotto di qualità ma soprattutto un prodotto sicuro.
Ricordiamo che al momento in Italia è vietato il consumo di questi alimenti crudi nei ristoranti e che mangiare un mollusco crudo, per quanto ne pensiamo controllata la provenienza, presenta sempre il pericolo potenziale di contrarre una tossinfezione.
Il contenuto di colesterolo non ne giustifica l’eliminazione dalla dieta in persone che hanno un quadro lipidico regolare e talvolta anche negli ipercolesterolemici è sufficiente solamente un ridimensionamento del consumo di questi molluschi. Una porzione di bivalvi ha più o meno il colesterolo contenuto in una frittata di due uova, considerazione che dovrebbe bastare a sedare una nostra cultura alimentare francamente colesterolofobica. Ricordiamo che il colesterolo è un grasso utile per il corretto funzionamento delle membrane cellulari e per il buon funzionamento del sistema nervoso, solo per citarne il ruoli principali.
Dovrebbero, invece, evitarne il consumo, anche cotti, le donne in gravidanza e le nutrici. La cottura potrebbe non essere risanante al 100% (alcune tossine algali potrebbero resistere) e il prodotto potrebbe concentrare metalli pesanti (quali piombo e arsenico) potenzialmente dannosi per il feto, nel caso la filiera non fosse certificata.
Ricordiamo di acquistare solamente molluschi dal tipico aroma di mare, mai con valve aperte, e contenuti nel loro apposito sacchetto sigillato a nostra garanzia. Scartare, infine, i molluschi che non schiudono le valve durante la cottura.
Per approfondimenti:
- Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione — Tabelle di composizione degli Alimenti — Edra. Medical Publishing & New Media, 2000
- P. Cappelli, V. Vannucchi — Chimica degli alimenti – Terza edizione — Zanichelli, 2009