Pubblichiamo oggi il contributo della dottoressa Manuela Fè, Biologo Nutrizionista, sugli acidi grassi omega 6
I grassi omega 6 (contenuti principalmente negli oli di mais, arachide, soia, girasole) e omega 3 (contenuti principalmente nel pesce, nelle alghe, nei semi di lino e nelle noci) sono acidi grassi polinsaturi spesso denominati “grassi buoni”. È, infatti, opinione ormai diffusa che questo tipo di grassi sia da preferire ai grassi saturi, contenuti in lardo, burro, formaggi, uova, carne, che spesso sono accompagnati da un apporto anche consistente di colesterolo.
I grassi polinsaturi, infatti, se assunti nelle giuste proporzioni, hanno un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare, diminuiscono il rischio di diabete e di ipertensione.
Il giusto apporto di grassi polinsaturi nella nostra dieta è circa l’8% delle calorie totali, mentre un eccesso può essere dannoso. Il fatto che un nutriente faccia bene, quindi, non ci autorizza ad abusarne.
Considerare però i grassi polinsaturi come un’unica classe di composti sarebbe sbagliato, infatti omega 6 e omega 3 hanno proprietà molto diverse tra loro ed esercitano diversi effetti sull’organismo. Gli omega 6, ad esempio, promuovono processi infiammatori, tanto che il metabolismo di questi acidi grassi è un target dei farmaci antinfiammatori, mentre gli acidi grassi omega 3, danno luogo a sostanze con effetto antinfiammatorio.
Per tali ragioni non solo è importante rispettare la quantità totale di grassi polinsaturi, ma anche mantenere un giusto equilibrio tra l’assunzione di omega 6 e omega 3, il rapporto consigliato omega 6/omega 3 nella dieta è circa 5:1.
Nella dieta dei paesi occidentali questo rapporto, però, è ben lontano dall’essere ideale e si aggira da 10:1 a 25:1, indicando che vi è una carenza di omega 3 e un eccessivo consumo di omega 6.
Molti studi hanno evidenziato che un eccesso di omega 6 nella dieta aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, infiammatorie e autoimmuni.
Recenti studi evidenziano che la sindrome metabolica (che include una serie di patologie quali obesità, diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, eccetera), è associata a un persistente e cronico processo infiammatorio a carico di organi e tessuti che porta a un aumento della produzione di sostanze pro-infiammatorie, ciò mette in evidenza ancora una volta che esiste uno stretto legame tra questa sindrome e le alterazioni del metabolismo dei grassi, sottolineando l’importanza di una dieta più adeguata.
L’eccessivo consumo di omega 6 nella dieta occidentale è dovuto soprattutto all’utilizzo di prodotti dell’industria alimentare, la quale fa largo uso di oli di girasole, mais, arachide e soia che sono indicati nelle etichette come grassi vegetali non idrogenati e che sono estremamente ricchi di acido linoleico (capostipite degli omega 6).
Diminuire il consumo di prodotti industriali, o scegliere prodotti in cui questi oli sono sostituiti con olio extravergine di oliva, secondo la tradizione mediterranea, porterebbe sicuramente a una dieta più salutare ed equilibrata.
Fonti:
- Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) — Tabelle di composizione degli alimenti
- Simopoulos AP — Omega-3 fatty acids in health and disease and in growth and development — Am J Clin Nutr. 1991 Sep;54(3):438-63
- Simopoulos AP — The importance of the ratio of omega-6/omega-3 essential fatty acids — Biomed Pharmacother. 2002 Oct;56(8):365-79
- Calder PC — Polyunsaturated fatty acids and inflammatory processes: New twists in an old tale — Biochimie. 2009 Jun;91(6):791-5. doi: 10.1016/j.biochi.2009.01.008
- Hardwick JP, et al. — Eicosanoids in metabolic syndrome — Adv Pharmacol. 2013;66:157-266. doi: 10.1016/B978-0-12-404717-4.00005-6