Continuo oggi a raccontare le tradizioni della nostra cucina, dopo la storia dello zucchero pubblicata per La Scuola di Ancel qualche settimana fa, passando questa volta all’alcol e alle bevande nervine.
Gli schiavi impiegati come mano d’opera nelle colonie inglesi furono presto alimentati utilizzando lo stesso prodotto del loro lavoro: lo zucchero, fonte di energia prontamente disponibile, e in seguito iniziarono a bere un suo derivato, il rum, ottenuto attraverso un processo di distillazione del succo di canna.
Il suo consumo iniziò nelle Barbados e in Giamaica e si diffuse tra i marinai delle navi da trasporto e da guerra e successivamente tra gli Europei che, dal Medioevo per influsso degli alchimisti Arabi, distillavano l’alcool delle loro bevande fermentate, vino e birra, per farne un uso quasi esclusivamente medico.
I primi distillati Europei presero il nome generico di acquavite, da aqua vitae, a sottolinearne l’effetto benefico sulla salute, a seguito di un consumo molto limitato. Una volta che il gusto dei ricchi Europei si abituò alla presenza di bevande alcoliche ad alta gradazione, si passò allo sviluppo di altri distillati, sia già esistenti in quantità molto ridotte, sia di nuova invenzione:
- il brandy in Francia e in Germania;
- il whiskey (o whisky) in Irlanda e Scozia;
- il gin in Inghilterra;
- la vodka in Russia e Polonia;
- i liquori di erbe in Italia.
Altri tipi di alimenti che si sono affermati in Europa grazie alla diffusione dello zucchero sono: caffè, cioccolato e tè. Tre bevande tra loro associate, indicate collettivamente come bevande nervine per la loro azione stimolante, dovuta alla presenza di alte concentrazioni di sostanze appartenenti alla classe delle metilpurine, soprattutto la caffeina. Altro fattore che le unisce è un particolare sapore amaro, oltre a uno scarso contenuto calorico (ad eccezione, in parte, del cioccolato).
Ricche di sostanze benefiche, esse erano consumate con il loro gusto naturale nei luoghi di provenienza:
- il tè in Asia orientale;
- il caffè in Arabia;
- il cioccolato in Mesoamerica.
In Europa il gusto amaro di tè, caffè e cioccolato non li avrebbe fatti apprezzare e diffondere se non ci fosse stata la possibilità di usare lo zucchero come dolcificante, amplificandone l’utilizzo più di quanto abbia contribuito la sua presenza come ingrediente nei cibi solidi.
Dapprima le tre bevande furono privilegio dei salotti delle classi più abbienti, e divennero una vera moda della cultura europea nel Settecento, poi cominciarono a diffondersi fra la gente comune. In questo il tè superò largamente gli altri due per la maggiore resa economica della sua produzione e la grande semplicità della sua preparazione domestica, ma soprattutto per la grande intuizione degli Inglesi di dedicare quasi totalmente alla sua produzione interi possedimenti coloniali. Questo permise la vendita del tè in tutto il mondo e fu in grado di soddisfare, a basso costo e con grande soddisfazione dei consumatori, il mercato interno.
In seguito alla rivolta dei coloni americani, che non vollero assoggettarsi a pagare le tasse di importazione del tè dalla madrepatria, non essendo il clima americano adatto alla coltivazione del tè, si diffusero le piantagioni del caffè nel Sud.
In Gran Bretagna i profitti creati dalla coltivazione della canna permisero la prima rivoluzione industriale, che creò a sua volta un enorme numero di nuovi consumatori a basso reddito: gli operai e le loro famiglie. Tè e zucchero saranno la forza motrice del successo produttivo di fabbriche, miniere, eserciti, e università britanniche, nonché della trasformazione di intere economie agricole tradizionali, come in India e in Kenya. In parte gli Stati Uniti ripercorreranno lo stesso percorso con il caffè.
Fonti:
- J. Diamond — Armi, acciaio e malattie — Einaudi, 2006
- J. Diamond — Collasso — Einaudi, 2005
- S.M. Mintz — Storia dello zucchero — Einaudi, 1990
- L. Mumford — La città nella storia. Dal santuario alla polis — Bompiani, 1997
- F.K. Kenneth, K. Coneè Ornelas — The Cambridge World History of Food — Cambridge University Press, 2000
- T.B. Veblen — La teoria della classe agiata — Einaudi, 1999
Articoli correlati:
Come il cibo può influire su salute e destino delle nazioni: lo zucchero