Si concentrò sulla lunetta fra collo e sterno dove si condensano gocce di traspirazione. Quel velo di umidità riluceva in modo innaturale. Portò il dito verso il collo, quell’umore era insolitamente appiccicaticcio, lo leccò… era dolce, dolcissimo.
L’insana passione per i dolci di un uomo che subisce una strana metamorfosi è vista con un’ironica benevolenza da parte dell’autore, in questo brevissimo racconto.
Alla fine però una nota sui dolci ebraici, in particolare uno chiamato khalvà di cui fornisce anche la ricetta, e un monito a nutrirsi di cibi sani (cereali integrali, cibi poco elaborati, pochi dolci) perché quello che capita al protagonista non è un privilegio di tutti.
Per approfondimenti:
M. Ovadia — Il glicomane — Slow Food, 2013