Come è noto, lo scorso 2 agosto 2011 il Ministero della Salute ha decretato un aggiornamento e completamento delle tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope. In base a questo decreto alcune sostanze anoressizzanti quali la Fendimetrazina, la Fentermina, l’Amfepramone e il Mazindolo sono state ricollocate in tabella I, e quindi non possono essere più prescritte, non si possono allestire con queste galenici magistrali, non si possono acquistare farmaci che le contengano.
Determinante nella decisione del Ministero della Salute, il parere tecnico scientifico espresso dall’Istituto Superiore di Sanità, «sulla scarsa efficacia terapeutica della Fendimetrazina come anoressizzante con un rapporto beneficio/rischio decisamente sfavorevole…» e il parere del Consiglio Superiore di Sanità, favorevole alla ricollocazione di queste sostanze tra quelle psicotrope e stupefacenti.
Per comprendere appieno le ripercussioni che la Fendimetrazina e gli altri anoressizzanti vietati possano avere sul nostro stato di salute e sul nostro equilibrio psichico, abbiamo chiesto il parere di un esperto, il professor Domenico Mazzullo, Psichiatra e Psicoterapeuta, di cui riportiamo integralmente a seguire il suo pensiero.
La Fendimetrazina è una sostanza anfetaminosimile usata da tempo allo scopo di diminuire l’appetito e quindi favorire il dimagramento in associazione a un trattamento dietetico.
È una sostanza che, fino alla sua ricollocazione in tabella I delle sostanze stupefacenti e psicotrope, non esisteva come prodotto commerciale e che poteva essere reperita solo come preparazione galenica in farmacia, in genere associata ad altre sostanze, quali soprattutto benzodiazepine, utilizzate per controbilanciarne gli effetti collaterali.
Attualmente è fuorilegge alla luce della provata pericolosità.
Viene considerata sostanza anfetaminosimile in quanto ha lo stesso meccanismo di azione dell’anfetamina, ossia aumenta a livello del recettore postsinaptico la disponibilità del neurotrasmettitore dopamina.
In passato si pensava che questo effetto fosse raggiunto dalla sostanza stimolando il neurone presinaptico a una maggiore produzione del neurotrasmettitore dopamina, mentre ora si è più propensi a pensare che essa agisca inibendo la ricaptazione della dopamina da parte del neurone che l’ha rilasciata e quindi aumentando la disponibilità del neurotrasmettitore nello spazio intersinaptico.
Un aumento della dopamina disponibile e quindi un’azione quantitativamente maggiore di questo neurotrasmettitore sui neuroni postsinaptici, a livello dell’ipotalamo, provoca l’effetto clinico desiderato, ossia una diminuzione del senso di fame con conseguente minore assunzione di cibo.
Purtroppo questo effetto desiderato si accompagna a una serie di gravi effetti indesiderati, invece, che ne controindicano severamente l’assunzione, per la loro pericolosità, quoad valetudinem, ma anche quoad vitam.
Gli effetti indesiderati più conosciuti e maggiormente presi in considerazione sono quelli a carico dell’apparato cardiovascolare, quali tachicardia, ipertensione arteriosa, crisi anginose e a carico dell’apparato digerente, quali nausea, vomito, secchezza delle fauci.
Purtroppo sottovalutati e spesso trascurati sono quelli a carico del sistema nervoso centrale quali, tra i più lievi, tremori agli arti, irrequietezza motoria, astenia, vertigini, ma ben più gravi sono quelli a livello psichico che più interessano lo specialista psichiatra.
Tra questi il primo a comparire è in genere l’insonnia, accompagnata da uno stato di ansia, inquietudine, senso di angoscia spesso somatizzata a livello gastrico, senso di soffocamento e fame di aria, attacchi di panico, depressione anche grave, che a volte può sfociare in una condotta suicidaria o gravemente autolesiva.
Non dobbiamo poi dimenticare che nella patogenesi della schizofrenia, l’ipotesi più accreditata è proprio quella rappresentata da una iperattività dopaminergica, responsabile dei sintomi attivi della schizofrenia, ossia i deliri e le allucinazioni.
Per questo motivo, la somministrazione di sostanze anfetaminosimili può provocare, nei malcapitati soggetti che le assumono, una sintomatologia perfettamente sovrapponibile a quella della schizofrenia paranoide, caratterizzata appunto da deliri e allucinazioni soprattutto uditive. Se non si conosce, in questi pazienti, la pregressa assunzione di queste sostanze, la diagnosi che si è portati a formulare è sempre quella di schizofrenia paranoide e questa evenienza è molto più frequente di quanto si possa pensare.
Ma il pericolo ancora più subdolo, strisciante e spesso non considerato, anche da parte di medici non psichiatri che purtroppo prescrivono queste sostanze, è quello di una mancata diagnosi psichiatrica prima della prescrizione.
Vi sono pazienti infatti che, pur non mostrando i segni e i sintomi di una schizofrenia conclamata, presentano una sorta di sintomatologia minore e non immediatamente evidente di tale malattia, che probabilmente rimarrà così, latente per sempre, venendo a costituire una sorta di predisposizione o di tendenza al manifestarsi della sintomatologia conclamata, predisposizione che rimarrebbe sempre latente, se non venisse stimolata e slatentizzata invece da sostanze che ne favoriscono la manifestazione esplicita.
Identico o meglio analogo discorso devo fare a carico di un’altra grave patologia psichiatrica, ossia la depressione, specialmente in questo caso la psicosi maniaco-depressiva.
Anche qui l’uso sconsiderato di queste sostanze potrebbe indurre la espressione clinica conclamata di una forma maniacale o depressiva severa, che forse non si sarebbe mai espressa in termini clinici evidenti se non fosse stata stimolata ed elicitata dalla somministrazione di sostanze anfetaminosimili.
Per questo motivo la prescrizione di queste sostanze da parte di specialisti, ma non psichiatri, è a mio parere gravemente pericolosa, venendo a mancare la possibilità di una valutazione primaria e approfondita dello stato psichico del paziente, che potrebbe prevenire questi pericoli.
Per fortuna questa sostanza ora è fuorilegge, e speriamo non sia mai più prescritta da medici compiacenti e senza scrupoli.
Ancora più subdolo e misconosciuto è il pericolo della dipendenza, sempre insito e implicito in queste sostanze.
Il senso di benessere, di efficienza, di lucidità intellettuale, di euforia a volte, di assenza di stanchezza, di aumentata capacità di lavoro e di studio, di capacità superiore di concentrazione e memorizzazione, può indurre facilmente il soggetto che le assume ad aumentare il dosaggio per intensificare l’effetto, o per ottenere lo stesso risultato di prima ma che ora richiede dosi sempre più elevate essendosi instaurato il fenomeno dell’assuefazione.
Alla interruzione dell’assunzione del farmaco una grave, gravissima depressione è inevitabile.