Sembra proprio che le sorprese riservate dal tessuto adiposo non siano ancora finite.
Un tempo considerato un semplice deposito di energia, e in seguito studiato per il suo ruolo attivo nel metabolismo e nella stimolazione ormonale, questo tessuto — definito ormai come “organo adiposo” — ha infatti di nuovo attratto l’attenzione dei ricercatori in seguito a recenti scoperte.
Nel tessuto adiposo sono riconoscibili due tipi di adipociti: quelli bianchi, la cui funzione è di accumulare energia quando introdotta in eccesso, e quelli bruni, che al contrario hanno il compito di dissiparla sotto forma di calore. Determinante per questa ultima funzione è la proteina disaccoppiante UCP1 (Uncoupling Protein 1) o termogenina, collocata in grande quantità nella membrana mitocondriale interna degli adipociti bruni e responsabile del meccanismo molecolare della termogenesi.
Nell’uomo si era sempre pensato che gli adipociti bruni fossero presenti solo nei neonati, ma recentemente si è scoperto del tessuto simile anche negli adulti e la possibilità di indurre la trasformazione (browning) del tessuto adiposo bianco (WAT — White Adipose Tissue) in tessuto adiposo bruno (BAT — Brown Adipose Tissue). Gli adipociti così trasformati sono chiamati “brite” o “beige”.
Lo stesso processo si è riscontrato nei roditori, in seguito alla stimolazione adrenergica e al freddo, per cui è stata avviata una serie di studi su questi animali, per poter individuare i fattori farmacologici e i segnali endogeni coinvolti.
Fra questi ricordiamo la stimolazione nervosa adrenergica, collegata con la lipolisi e l’ossidazione lipidica, l’espressione dei geni termogenici, e lo stimolo del freddo. Anche la leptina induce questo effetto, sia per stimolazione del sistema nervoso simpatico sia per azione diretta, inducendo molecole segnale come PPAR-α (Peroxisome Proliferator-Activated Receptor alpha) e il Coattivatore di PPAR (PGC 1-α — PPAR Coactivator 1-α).
Ricordiamo inoltre l’ormone tiroideo, la COX2 (Ciclossigenase-2), enzima cruciale per la sintesi delle prostaglandine, e l’acido retinoico, che riduce il contenuto lipidico e aumenta la proteina UCP1.
Sembra inoltre che un aiuto nel mantenimento del peso possa venire anche da numerosi fattori nutrizionali. La deposizione di grasso addominale è limitata dalla restrizione dietetica degli amminoacidi essenziali leucina e metionina, nei ratti anche una restrizione nutrizionale materna prima della nascita induce l’imbrunimento, forse per evitare l’ipotermia ai piccoli.
Anche la capsaicina e gli analoghi capsinoidi contenuti nel peperoncino, hanno un effetto anti-obesità nei roditori, per l’effetto stimolante sul sistema nervoso simpatico.
La fucoxantina, carotenoide presente nei cloroplasti delle alghe brune edibili, ha un effetto selettivo sull’imbrunimento del tessuto adiposo bianco, i suoi metaboliti si accumulano nel tessuto addominale. L’olio di oliva, e in particolare un composto fenolico contenuto in esso, l’oleuropeina, stimola l’espressione di UCP1. Ricordiamo ancora acido linoleico coniugato (CLA), acidi grassi n-3 e resveratrolo, che interferisce con il metabolismo energetico attivando fattori come la Proteina Chinasi attivata dall’AMP (AMPK — AMP-Activated Protein Kinase), la Sirtuina-1 (SIRT1 — Sirtuin 1) e il PGC-1α. Gli acidi biliari sono anch’essi dei potenti regolatori del metabolismo, secreti nella bile coniugati con amminoacidi come la taurina e la glicina. Nei ratti si è visto che sostituendo la caseina come fonte proteica con l’idrolisato di proteine del salmone, ricche in questi due amminoacidi, gli animali diventavano resistenti all’obesità indotta da dieta ricca di grassi.
Lo sviluppo delle conoscenze delle vie di segnalazione dei composti che influenzano l’imbrunimento del tessuto adiposo mostra aspetti promettenti nel controllo dell’obesità e delle patologie a essa correlate, come la sindrome metabolica e il diabete di tipo 2. Tuttavia i risultati ottenuti sui roditori non possono essere completamente adattati all’uomo, ed è necessario perseverare ancora nello studio di questi fenomeni. Molti dei fattori farmacologici presi in esame possono avere effetti collaterali pericolosi per la salute, e l’attivazione del tessuto adiposo bruno potrebbe implicare rischi per il sistema cardiovascolare: un maggiore afflusso di sangue e ossigeno e, nei topi esposti al freddo, si sono riscontrate ipertensione e ipertrofia cardiaca.
Come sempre quindi occorre approfondire le conoscenze, senza però pensare a soluzioni miracolose immediate, ma mantenere uno sguardo di insieme sugli aspetti positivi e i possibili rischi.
Fonte:
Bonet ML, et al — Pharmacological and nutritional agents promoting browning of white adipose tissue — Biochim Biophys Acta. 2013 May;1831(5):969-85. doi: 10.1016/j.bbalip.2012.12.002