Articolo originale del dottor Daniele Marchese
La nutrigenomica e la nutrigenetica studiano le relazioni esistenti tra geni e alimentazione.
In tale prospettiva, i nutrienti sono segnali attivatori di alcuni sensori cellulari e capaci di influenzare l’espressione dei geni, la sintesi e la demolizione delle proteine e, come conseguenza, la produzione o il consumo delle sostanze con cui l’organismo viene costituito. In tale modo certi profili di espressione genica, e quindi di sintesi proteica, possono costituire la “firma” che un dato apporto nutrizionale o alimentare lascia all’organismo.
Come? I nutrienti esercitano un gran numero di funzioni ed essi, come è noto, influenzano anche la secrezione di ormoni e di neurotrasmettitori, agiscono come regolatori di enzimi e regolano l’espressione dei geni (basta pensare al fatto che gli zuccheri regolano la produzione di insulina nel pancreas). Quest’ultima funzione può essere esercitata sia in maniera diretta che in maniera indiretta: alcune molecole, come gli acidi grassi, possono influenzare l’espressione genica, agendo a livello di fattori di trascrizione che controllano l’espressione dei geni specifici, attraverso specifici elementi di regolazione dell’attività dei geni.
In alternativa, la maggior parte dei nutrienti può regolare l’espressione genica in maniera indiretta, attraverso la secrezione di ormoni i quali, poi, intervengono regolando l’espressione dei geni specifici.
Molti nutrienti possono essere intesi come segnali per la regolazione delle attività cellulari. Risulta chiaro quindi che la risposta dipende dall’unicità biochimica e genetica dell’individuo e cioè come modalità di metabolizzazione dei nutrienti, come meccanismi di reazione alle tossine, esogene (ambientali, alimentari) ed endogene, come capacità di elaborare le informazioni a livello cellulare.
L’individualità biochimica si fonda sull’unicità del patrimonio genetico (genotipo) e sulla possibilità di modularne l’espressione (fenotipo) in risposta alle influenze esercitate dai fattori ambientali di cui uno è senza dubbio l’alimentazione. Correlando l’espressione di geni e/o polimorfismi a singolo nucleotide con l’assorbimento di specifici nutrienti, con il metabolismo energetico, e l’eliminazione di tossine o gli effetti biologici di ulteriori sostanze note, si mira a sviluppare mezzi razionali per ottimizzare la nutrizione, rispetto al genotipo del soggetto.
La nutrigenomica è stata definita a livello scientifico come l’applicazione di protocolli di analisi genetica high throughput (letteralmente: ad alto rendimento) nella ricerca nutrizionale. In realtà oggi è ancora presto per parlare di nutrigenomica come elemento diagnostico nell’ambulatorio del nutrizionista mentre esistono test ambulatoriali di nutrigenetica, che forniscono al paziente e al nutrizionista indici di rischio e strategie efficaci per la prevenzione di alcune malattie, promuovendo l’assunzione o l’eliminazione degli alimenti che corrispondono ad uno specifico profilo genotipico e fenotipico.
Per tutto il XX secolo, la scienza della nutrizione è stata concentrata sulla ricerca degli effetti di carenze o eccesso nella dieta a carico di vitamine e minerali. Poiché l’attenzione del mondo sviluppato riguardo a problematiche legate all’alimentazione è oggi concentrata sull’ipernutrizione, l’obesità e il diabete di tipo due, il ruolo della nutrizione è stato e continua a essere ampiamente studiato, ma con una accezione notevolmente differente. La nascita e lo sviluppo della nutrigenomica sono stati possibili grazie agli sviluppi della ricerca genetica: differenze inter-individuali nel campo della genetica, o di variabilità genetica con rilevanza nutrizionale, che hanno un effetto sul metabolismo e sui fenotipi hanno spostato l’attenzione sul significato di queste.
Tali disturbi biochimici con cause genetiche comprendono ad esempio il polimorfismo del gene per l’ormone leptina che si traduce in obesità grave, oppure il noto Fattore di Leiden la cui mutazione provoca effetti a carico del metabolismo dell’acido folico; oppure mutazioni in cui un comune polimorfismo per il gene che codifica per la metilen-tetraidro-folato reduttasi (MTHFR) è il responsabile di disturbi anche seri non solo in gravidanza ma anche nella vita di ogni giorno, ad esempio problemi circolatori.
Ci si rese conto però che ci potevano essere migliaia di altri polimorfismi che possono causare deviazioni biochimiche i quali, seppure di minore importanza, presi singolarmente potevano averne nell’ottica di patologie multifattoriali ancora in corso di definizione. Si cominciarono quindi a studiare batterie di geni collegati a specifiche situazioni di interesse nutrizionale e nacque la nutrigenomica.
Oggi i nutrienti sono visti non solo come elementi energetici ma anche come segnali che comunicano con le cellule. I nutrienti vengono rilevati da un sistema di sensori nella cellula che le permette di ottenere informazioni in merito all’ambiente: abbondanza o restrizione calorica, carenza o restrizione di uno specifico nutriente, eccetera.
Il sistema sensoriale che interpreta le informazioni da nutrienti comprende recettori di membrana, apparato di trasduzione del segnale, fattori di trascrizione e cofattori. Una volta che il nutriente interagisce con un tale sistema sensoriale, specifici geni vengono espressi e possono derivarne cambiamenti dell’espressione proteica e della produzione di metaboliti, secondo il livello di nutrienti che la cellula percepisce, consentendo alla cellula di sopravvivere alle condizioni estreme, come ad esempio in starvation (letteralmente: affamamento) nella malnutrizione, ma anche di ottimizzare le risorse presenti nella maniera più efficace.
Come risultato, diete differenti dovrebbero provocare diversi modelli di espressione genica e proteica e produzione di metaboliti. La nutrigenomica cerca di descrivere i modelli generali di questi effetti che sono stati indicati come firme dietetiche. Tali firme alimentari sono esaminati in specifiche cellule, tessuti e organismi e in questo modo si studia il modo in cui la nutrizione influenza l’omeostasi e la reazione all’ambiente.
Si spera che l’aumento formidabile delle conoscenze in questo settore promuoverà una maggiore comprensione di come la nutrizione influenzi le vie metaboliche e di controllo omeostatico. Questo costituirà la base per prevenire lo sviluppo di malattie croniche legate alla dieta, come l’obesità e il diabete di tipo due.
Fonti:
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