Ogni anno in aprile il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) organizzano campagne di sensibilizzazione relative al problema del consumo di alcol.
Poiché gli alcolici, sia a bassa sia ad alta gradazione, vengono considerati un componente frequente della dieta mediterranea, è opportuno parlarne sotto diversi aspetti: diffusione, effetti negativi e positivi e condizioni in cui il consumo è sconsigliato.
In Italia, a differenza di altri Paesi, l’utilizzo di tali bevande è indirizzato principalmente al vino (soprattutto a pasto); il consumo medio di alcol è inferiore alla media europea e abbiamo la più alta percentuale di astemi. Per questo motivo, nel nostro Paese, l’educazione agli effetti negativi legati all’alcol è stata sottovalutata e troppo spesso i più giovani non sono consapevoli dei rischi che questo comporta.
Nella mia esperienza è capitato più volte di spiegare a ragazzi poco più che adolescenti (davanti a genitori ignari del fatto che il loro “bambino” avesse queste abitudini) che l’aperitivo, spesso unione di un superalcolico e un succo di frutta, o la birretta al pub con gli amici, non sono esattamente innocui. Eppure si stima che circa il 63% dei sedicenni, spesso senza che i genitori ne siano a conoscenza, consumi almeno dieci bevande alcoliche al mese (prevalentemente birra o miscele alla frutta, ma anche vino o liquori).
Per motivi completamente diversi anche il consumo di alcolici negli anziani deve essere evidenziato come rischioso. In alcuni casi l’anziano è spinto a bere da condizioni legate alla depressione o alla solitudine. In altri casi si combina con l’assunzione di farmaci per alcune patologie croniche, aumentandone gli effetti indesiderati. Un altro rischio importante, per questa fascia d’età, è legato al fatto che l’alcol incide sul funzionamento del fegato, spesso già alterato a causa delle ingiurie accumulate nel corso degli anni. Nonostante ciò i dati di consumo non mostrano un calo significativo, come ci aspetteremmo se ci fosse maggiore attenzione a queste condizioni. L’uso di alcol continua infatti a non venir considerato come un comportamento pericoloso, sia dal paziente sia dai suoi familiari, e raramente viene comunicato spontaneamente al medico o al nutrizionista, che quindi non sono consapevoli dei reali consumi che possono incidere sulle condizioni di salute dell’anziano.
Ma quali sono i comportamenti più rischiosi, dal punto di vista nutrizionale, che dovremmo comunicare al medico o che dovremmo evitare o ridurre?
Sicuramente il consumo saltuario e a digiuno: in questo caso i livelli di alcol nel sangue (alcolemia) arrivano quasi a raddoppiare rispetto a quando si beve al pasto. Questo tipo di abitudine è prevalentemente giovanile mentre gli adulti, bevendo prevalentemente alcolici a bassa gradazione (vino o birra ) e a pasto, sono più soggetti ai danni dovuti a un’esposizione cronica, anche se a basso dosaggio, di alcol etilico.
I dati sono chiari: le conseguenze dell’uso di alcol in Italia sono state quantificate nel 2007 in oltre 27.000 decessi/anno. Gli episodi più violenti (incidenti stradali, cadute, suicidi o omicidi) riportati con grande enfasi spesso inducono a sottovalutare l’impatto sulla salute anche per chi non è un grande consumatore. I danni in questo caso possono essere diretti, come gli effetti tossici su fegato, cuore, stomaco e pancreas, e indiretti, come neoplasie, malattie cardiovascolari e malattie dell’apparato digerente.
Non dimentichiamoci che l’etanolo è classificato come agente cancerogeno in quanto viene associato alla comparsa di tumori alla cavità orale, allo stomaco, al fegato e persino al seno; come spesso succede in questi casi, non esiste un effetto soglia, cioè un limite di esposizione minimo per cui è stato dimostrato che non si corrano rischi.
Più complesse sono le problematiche connesse con la dipendenza, che prevedono forme di intervento specifico: quando incominciamo a capire di non poter fare a meno di queste sostanze, oppure ci accorgiamo che una persona a noi vicina ha questo problema (e spesso non ne è consapevole) non basta rivolgersi al medico e al nutrizionista, ma è necessario cercare un servizio qualificato in strutture pubbliche o associazioni di volontariato che hanno esperienza nel campo.
Per approfondimenti:
- Istituto Superiore di Sanità — Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia — Rapporto ISTISAN 2011
- Istituto Superiore di Sanità — Tabella per la stima del tasso alcolemico
- Istituto Superiore di Sanità — Tabella descrittiva dei sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica
- Società Italiana di Farmacologia (richiesta registrazione gratuita) — Consumo moderato di alcol e reazioni avverse a farmaci in soggetti anziani
- Alcohol Public Health Research Alliance (AMPHORA) — Ethanol is the problem toxin in drink
- F. Bazzoli, et al. — Libro bianco della gastroenterologia Italiana
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