I grassi sono un gruppo di nutrienti estremamente vario, le loro unità più semplici sono gli acidi grassi: catene di atomi di carbonio diversificate per la loro lunghezza e per i loro legami chimici. Due atomi di carbonio in un acido grasso possono avere un singolo legame tra loro oppure un doppio legame. A seconda del numero di doppi legami abbiamo diverse categorie.
- Acidi grassi saturi (saturated fatty acid, SFA), senza doppi legami. L’acido palmitico e l’acido stearico ne sono un esempio.
- Acidi grassi monoinsaturi (monounsaturated fatty acid, MUFA), con una sola coppia di carboni legati con un doppio legame. L’acido oleico è un esempio classico.
- Acidi grassi polinsaturi (poliunsaturated fatty acid, PUFA), con più di un doppio legame. Esempi sono gli omega-6 e gli omega-3.
Oggi dobbiamo aggiungere una nuova sigla a tutte quelle elencate: FAHFA, ovvero fatty acid hydroxyl fatty acid. Recentemente infatti è stato pubblicato un lavoro sulla prestigiosa rivista Cell che descrive questa nuova classe di acidi grassi. Si tratta di acidi grassi collegati tra loro in modo da creare delle ramificazioni, rendendoli quindi molto particolari rispetto alle strutture lineari e non ramificate degli altri grassi.
Al di là della struttura chimica però, dal nostro punto di vista sono molti gli aspetti da sottolineare. Prima di tutto sono grassi assumibili con la dieta (anche se ancora non si conoscono esattamente le fonti alimentari) ma anche sintetizzabili dal nostro organismo; in secondo luogo producono effetti antinfiammatori e sono implicati e nella sensibilità all’insulina. In pratica, più sono abbondanti e più si è protetti dal diabete di tipo 2. In effetti, si è visto proprio un abbassamento di questi acidi grassi nei vari distretti corporei in caso di presenza di infiammazione generalizzata o diabete.
I FAHFA sono tutta una classe di acidi grassi con effetti positivi sulla salute, al pari degli omega-3, quindi possono essere un valido appoggio per il trattamento delle malattie collegate all’obesità. A differenza di questi ultimi però sono anche sintetizzati dal nostro organismo, e quindi sarebbe auspicabile stimolarne la produzione per risolvere determinati problemi.
Attualmente abbiamo appena cominciato a conoscere questi nuovi protagonisti dell’alimentazione, ed è probabile che in futuro sapremo esattamente dove trovarli e come stimolare il nostro organismo a produrli.
Bibliografia:
Yore MM, et al. — Discovery of a Class of Endogenous Mammalian Lipids with Anti-Diabetic and Anti-inflammatory Effects — Cell. 2014 Oct 9;159(2):318-32. doi: 10.1016/j.cell.2014.09.035