Pubblichiamo oggi il contributo del dottor Andrea Deledda che ci parla di calcoli renali
I calcoli renali (o nefrolitiasi) sono dovuti alla precipitazione di sali minerali e organici nell’apparato urinario. Si manifestano in maniera molto dolorosa con le coliche renali, quando il calcolo non riesce a essere espulso per vie naturali.
La maggior parte dei calcoli renali sono composti da ossalato di calcio, più raramente da fosfati, urati e aggregati cistinici.
Per prevenire i calcoli il primo consiglio è sicuramente quello di avere un’adeguata idratazione durante la giornata (almeno 1,5 litri/die)1.
Nella dietologia classica, essendo l’ipercalciuria (eccesso di calcio escreto con le urine) associata alla calcolosi renale, si riteneva che riducendo l’introduzione di calcio si potesse abbassare il rischio di calcoli renali. In realtà, se la restrizione è troppo severa, questo comportamento aumenta l’assorbimento intestinale di ossalato, che va a incrementare la formazione di precipitati a livello renale. Se infatti assumiamo abbastanza calcio, esso si lega con l’ossalato nell’intestino riducendo il rischio di formazione di calcoli renali. Sono dunque poco adeguati i consigli di ridurre semplicemente l’uso di latticini e acque ad alto tenore di calcio, mentre è molto più importante avere una dieta normocalcica (i LARN del 2012 indicano un apporto di riferimento giornaliero compreso tra i 700 e i 1300 mg a seconda delle età), facendo anche attenzione ad altri nutrienti che influenzano la calciuria (come ad esempio carboidrati raffinati, sodio, potassio e proteine)1,2.
Le proteine, in particolare quelle di origine animale ricche di aminoacidi solforati, influenzano il potenziale acido della dieta, riducendo il riassorbimento tubulare di calcio, mobilizzandolo dalle ossa. Una sufficiente quantità di proteine (insieme a vitamina D e calcio) è però necessaria per la salute delle ossa3.
Il sodio (elemento contenuto nel sale da cucina) favorisce l’escrezione renale di calcio, mentre il potassio, di cui sono ricche frutta e verdura, ha l’effetto contrario.
I carboidrati raffinati e gli zuccheri semplici (tra cui glucosio e saccarosio) sono correlati con una riduzione del riassorbimento tubulare di calcio, forse per un’anomala risposta insulinica, e aumentano quindi la sua escrezione. Il ruolo del fruttosio appare invece controverso.
Frutta e verdura, con il loro potenziale alcalinizzante, potrebbero ridurre la tendenza alla formazione dei calcoli. Le fibre in generale hanno però un ruolo incerto, perché legando il calcio intestinale potrebbero aumentare l’assorbimento di ossalato1.
La presenza di ossalato nelle urine (ossaluria) è forse il maggiore fattore di rischio per i calcoli. Nonostante l’uso di alimenti ricchi in ossalato (ad esempio spinaci, rabarbaro, arance, sedano e cioccolata) sia causa di un leggero aumento dell’ossaluria, è probabile che sia da tenere in maggiore considerazione l’ossalato prodotto per via endogena da altri nutrienti. Tra questi troviamo la vitamina C (in dosi raggiungibili probabilmente solo con integratori e non con frutta e verdura, cioè superiori ai 500 mg), la glicina (un amminoacido non essenziale), il glicolato (un α-idrossiacido intermedio del metabolismo vegetale) e l’idrossiprolina (un amminoacido idrossilato presente nel collagene, non utilizzabile per la sintesi proteica)4. In generale è stata evidenziata una correlazione inversa tra ossaluria e intake di calcio e diretta tra ossaluria e vitamina C, volume delle urine e indice di massa corporea1.
È possibile individuare un legame tra alcune bevande e calcoli renali: caffè, tè, succo d’arancia, vino e birra appaiono ridurre il rischio, mentre succo di mela e d’uva sembrano aumentarlo1,5. Le bibite zuccherate sono associate con aumento dell’escrezione di ossalato e ricorrenza di nefrolitiasi e sono quindi assolutamente sconsigliate1,5.
Un altro modo di ridurre l’assorbimento intestinale di ossalato, insieme all’introduzione di equilibrate quantità di calcio, è quello di assumere un probiotico che contenga un particolare batterio che degrada questa molecola, l’Oxalobacter formigenes. L’ossalato rappresenta la principale fonte energetica di questo batterio, che così ne riduce la quantità assorbita dall’intestino6. Si è notato che esistono persone con intestino colonizzato da questo batterio e altre che non lo hanno, e questo potrebbe rappresentare una differenza fondamentale nella tendenza individuale alla formazione di calcoli7.
In sintesi una dieta di tipo DASH, comunemente utilizzata per l’ipertensione, con poco sale, senza eccessi di proteine animali, molta frutta e verdura e uso di latticini moderato, sembra un buon approccio nei confronti della tendenza alla formazione dei calcoli renali. È inoltre importante mantenere un peso corporeo adeguato1.
Un rimedio erboristico, il fillanto (Phyllanthus niruri), sembra avere effetti promettenti sia nella prevenzione sia nel trattamento dei calcoli renali8.
Dottor Andrea Deledda — Biologo Nutrizionista presso il Centro Obesità, AOU Cagliari
Sito web: Studio Dott. Andrea Deledda
Blog: nutrizione996
Per approfondimenti:
- Trinchieri A — Diet and renal stone formation — Minerva Med. 2013 Feb;104(1):41-54
- Borghi L, et al. — Comparison of two diets for the prevention of recurrent stones in idiopathic hypercalciuria — N Engl J Med. 2002 Jan 10;346(2):77-84
- Bonjour JP — Protein intake and bone health — Int J Vitam Nutr Res. 2011 Mar;81(2-3):134-42. doi: 10.1024/0300-9831/a000063
- Taylor EN, Curhan GC — Oxalate intake and the risk for nephrolithiasis — J Am Soc Nephrol. 2007 Jul;18(7):2198-204
- Ferraro PM, et al. — Soda and other beverages and the risk of kidney stones — Clin J Am Soc Nephrol. 2013 Aug;8(8):1389-95
- Al-Wahsh I, et al. — Acute probiotic ingestion reduces gastrointestinal oxalate absorption in healthy subjects — Urol Res. 2012 Jun;40(3):191-6
- Jiang J, et al. — Impact of dietary calcium and oxalate, and Oxalobacter formigenes colonization on urinary oxalate excretion — J Urol. 2011 Jul;186(1):135-9
- Boim MA, et al. — Phyllanthus niruri as a promising alternative treatment for nephrolithiasis — Int Braz J Urol. 2010 Nov-Dec;36(6):657-64