Ancora un braccio di ferro tra Italia e UE per una legge riguardante il settore alimentare. Questa volta si tratta di olio extra vergine di oliva, tema delicatissimo per i notevoli interessi economici che sono in gioco e che già nel passato, con alterne vicende, è stato oggetto di contenzioso.
La normativa in questione è contenuta nella Legge n.9 del 14 Gennaio 2013 «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini», con la quale l’Italia introduce una serie di regole che favoriscono la trasparenza nel settore dell’olio d’oliva. Ebbene, queste regole sono state bloccate dalla UE prima ancora di vedere la luce. La Commissione Europea, infatti, esaminando la proposta di legge italiana nel novembre scorso, nell’ambito della procedura Tris (Technical regulation information system), ne ha prontamente decretato la sospensione per dodici mesi (comunicazione n.2012/650/I).
Vediamo un po’ più in dettaglio alcuni dei punti previsti da questa legge, già battezzata dai mass media «legge salva olio».
Per quanto riguarda l’etichettatura (artt. 1 e 7):
- l’indicazione dell’origine deve figurare in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile nel campo visivo anteriore del recipiente;
- in caso di miscele di oli di oliva estratti altri Stati, l’indicazione dell’origine è immediatamente preceduta dall’indicazione del termine «miscela»;
- viene riportato il «termine minimo di conservazione» che dovrà essere non superiore a diciotto mesi dalla data di imbottigliamento.
Per quanto riguarda il panel test, ossia il test organolettico valido ai fini della classificazione degli oli (art. 2), se ne garantisce il valore probatorio attraverso una serie di procedure più rigorose e maggiormente documentate.
Vengono resi noti (art. 3), in un’apposita sezione del portale internet del MPAF, i risultati delle analisi sul contenuto degli alchil esteri. Questi composti si formano dall’esterificazione degli acidi grassi liberi con l’alcol metilico, che proviene dall’idrolisi delle pectine presenti nel frutto dell’olivo per azione di enzimi endogeni, e con l’alcol etilico prodotto da processi fermentativi a carico degli zuccheri semplici. La formazione degli alchil esteri avviene quindi se le olive sono stoccate per periodi troppo lunghi tra la raccolta e l’estrazione meccanica dell’olio. La presenza di alchil esteri oltre i limiti, per altro non dannosa per la salute, rappresenta pertanto un indice di bassa qualità dell’olio come conseguenza di errori commessi nel corso del processo di produzione e trasformazione delle olive.
Vanno ritenute ingannevoli (artt. 4, 5, 6), e perseguibili penalmente, quelle indicazioni che (anche tramite un’omissione) evocano una specifica zona geografica non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive; ingannevoli sono anche eventuali riferimenti a valutazioni organolettiche non previste dalla legge. Inoltre non possono essere registrati marchi d’impresa che possano ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini; anche in questo caso l’azienda è punibile penalmente.
Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi (art.7) devono possedere un idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, e devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto e il lotto di produzione a cui appartiene.
Per quanto riguarda il mercato e la concorrenza (artt. 8, 9, 10, 11), gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera devono rendere accessibili a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate le informazioni a propria disposizione concernenti l’origine degli oli di oliva vergini e delle olive, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche.
L’art. 11 disciplina la vendita sottocosto e gli artt. 12, 13, 14 e 15, infine, si occupano delle azioni di contrasto alle frodi, compresa l’attività investigativa e processuale e la comminazione delle sanzioni.
In definitiva, la Legge 9/2013 nasce, con ottime intenzioni, a tutela della qualità degli oli vergini e per una maggiore trasparenza della filiera. Non si occupa affatto, però, della qualità nutrizionale degli oli. E questa, del resto, è una pecca che coinvolge tutta la normativa in materia. Bisogna infatti notare che i parametri analitici utilizzati nella classificazione dell’olio extravergine di oliva garantiscono soltanto la sua purezza e non tengono conto delle ormai chiare evidenze scientifiche circa le proprietà benefiche dei suoi componenti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e di alcune forme tumorali.
Risulterebbe senz’altro utile per il consumatore una classificazione che tenga conto anche del contenuto in sostanze fenoliche bioattive. Queste possono variare in un ampio range tra 40 e 900 mg/kg, stabilendo così una sostanziale differenza negli effetti “salutistici” che oli extra vergini di oliva diversi potrebbero avere.
In ogni caso ben venga, per ora, una norma in grado di tutelare il prodotto italiano di qualità e difenderlo dall’omologazione, nonché garantire la presenza sul mercato delle piccole aziende agricole italiane impedendo che vengano schiacciate dalla prepotenza delle multinazionali. Tutto ciò in attesa di una “rivoluzione” che possa, attraverso validi parametri analitici, promuovere il consumo dell’olio extravergine di oliva di qualità all’interno di una corretta ed equilibrata alimentazione mediterranea.
Riusciranno i nostri eroi?
Fonti:
- LEGGE 14 gennaio 2013, n. 9 — Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini
- Comunicazione UE n.2012/650/I