Non è certo come e quando sia nata la pizza, il suo antesignano doveva assomigliare piuttosto a una focaccia, il cui impasto di acqua e grano triturato veniva cotto dall’uomo primitivo sulle pareti in pietra arroventata. Dopo la scoperta della lievitazione da parte degli Egizi, lo stesso impasto divenne più soffice e appetitoso. Per i secoli a venire la cottura rimase la stessa, all’interno dei forni trovava posto solo la legna da ardere e la pizza primitiva da cuocere veniva appoggiata all’esterno sulle pietre incandescenti.
Per la pizza, come noi la conosciamo, dobbiamo attendere la scoperta dell’America e Cristoforo Colombo, quando dal Perù il pomodoro giunse in Italia, alla Corte di Cosimo de’Medici. Per inciso il pomodoro nel Cinquecento non era rosso come noi oggi lo conosciamo, ma giallo: “pomo d’oro” appunto, ed era considerato una pianta ornamentale.
L’incontro tra farina impastata e lievitata e il pomodoro avvenne nella Napoli dell’Ottocento, è qui infatti che nacque la pizza come noi la intendiamo, il nostro prodotto nazionale.
Fino all’avvento delle tradizionali pizzerie, la pizza era venduta per le strade di Napoli, condita con aglio, olio crudo e acciughe, da ambulanti che giravano con un piccolo fornello a legna per tenerla al caldo. Da qui un modo di dire che rispecchia le ristrettezze economiche di quei tempi: «’a pizza ogge ’a otto», cioè si acquistava oggi e si pagava dopo otto giorni. Questo consentì a tante famiglie povere di sbarcare il lunario e nello stesso momento rese la pizza più popolare.
L’unica pizza che abbia un certificato di nascita ufficiale e documentato è la Margherita, originaria di Napoli ovviamente. Nell’estate del 1889, il re d’Italia Umberto I di Savoia e sua moglie, la regina Margherita, si trovano in vacanza nella residenza estiva di Capodimonte e una sera, su espresso desiderio della regina che voleva gustare una pizza, venne chiamato a corte il migliore pizzaiolo della città, Raffaele Esposito. Questi preparò tre pizze: una con olio, una con bianchetti e una tricolore, con mozzarella pomodoro e basilico. La più apprezzata fu quest’ultima, dai colori della bandiera italiana, che venne battezzata Pizza Margherita. Essa è simile alla regina che le diede il nome, semplice, discreta, delicata, ma in grado di affascinare sia il popolo, sia i poeti, sia gli scrittori.
Oggi la pizza ha conquistato il mondo; tuttavia, la vera napoletana è descritta sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (14 febbraio 2008) con questi ingredienti che fedelmente e scrupolosamente elenchiamo.
Pomodori pelati, mozzarella di bufala dop, olio extravergine di oliva, origano.
Misure: diametro non superiore a 35 cm, il bordo rialzato (cornicione) tra 1-2 cm, consistenza morbida, elastica e facilmente piegabile a “libretto”.
Vietato usare il mattarello per stendere l’impasto, che il pizzaiolo deve rivoltare varie volte fino a ottenere un disco di pasta, non superiore a 0,4 cm.
La cottura è in forno refrattario a cupola e a legna, fra i 420-480 gradi. Il legno ideale è di quercia o di olivo.
Dal febbraio 2010 la pizza napoletana è ufficialmente riconosciuta come specialità tradizionale garantita dalla Comunità Europea.
Per approfondimenti:
- C. Padovani, G. Padovani — Italia buon paese. Gusti, cibi e bevande in 150 anni di storia — Blu Edizioni, 2011
- R. Pellati — La storia di ciò che mangiamo — D. Piazza, 2010
Un grazie particolare va a Roberto Gruppo, maestro pizzaiolo di Ostia, pubblicista e grande amico.