Córpa sua. E pperché llui nun ze spiega?
Pe cche rraggione l’antra sittimana
rispose ar mi’ discorzo in lingu’indiana
quanno me venne a vvisità in bottega?Dico: «Diteme un po’, ssor dottor Bréga,
pò ffà mmale er cenà, cco la terzana?».
Disce: «Abbasta sii robba tutta sana,
tu ppòi puro scenà; cchi tte lo nega?».Me maggnai dunque sano un paggnottone
casareccio, un zalame, ’na gallina,
’na casciotta, un cocommero e un melone.Lui, cazzo, aveva da parlà itajjano,
e rrisponnemea mmé cquela matina:
maggna robba inzalubbra, e vvàcce piano.15 aprile 1834
Giuseppe Gioachino Belli — Sonetti romaneschi (XIX secolo)
Chi non mastica il romanesco, può trovare un aiuto alla comprensione su Wikipedia, da cui ho preso questo testo.
Che dire? I problemi di comunicazione in tema di nutrizione sono gli stessi da due secoli. È il medico che non capisce o il paziente che non vuole capire?
In realtà ho trovato questa poesia in un libro che ho comprato in una bancherella: La cucina di G. Gioacchino Belli vista da Vittorio Metz, una raccolta di tutti i sonetti del Belli che hanno riferimenti culinari, commentati dall’umorista che ebbe molto successo negli anni sessanta soprattutto come sceneggiatore (chi ha qualche anno in meno di me, e non si ricorda Giovanna, la nonna del corsaro nero, può vedere la sua scheda su sito dell’Enciclopedia Treccani).