Pubblichiamo il contributo del dottor Roberto Casaccia, Biologo Nutrizionista Specialista in scienza dell’alimentazione, sul vino.
Cosa deve comunicare il nutrizionista al grande pubblico quando il tema della discussione è il vino? La tentazione di descriverne le ormai note caratteristiche salutari e di incoraggiarne il consumo è forte, soprattutto se il nutrizionista è anche sommelier.
E allora è facile rispolverare l’ormai storica ricerca di Renaud e De Lorgeril1 e ricordare di come i loro studi abbiano evidenziato la relativamente bassa mortalità per malattie cardiovascolari (nonostante l’elevato consumo di grassi, per lo più saturi) che hanno i nostri cugini d’Oltralpe: il “paradosso francese” come fu abilmente battezzato dal mondo giornalistico. E da lì in poi citare tutta una serie di pubblicazioni che hanno dimostrato come la birra e gli altri alcolici non abbiano i medesimi effetti del vino. E poi ancora raccontare di come siano state individuate ben precise molecole responsabili della sua azione protettiva; il “famoso” resveratrolo, ad esempio.
Sarà altrettanto semplice, per il nutrizionista, dimostrare come il consumo abituale di vino sia parte integrante dello stile alimentare mediterraneo. Fortunate coincidenze geografico-climatiche hanno permesso, oltre alla coltivazione della vite, anche quella dell’olivo e di molti tipi di frutta, verdura e legumi nonché la disponibilità di pesce nelle zone costiere. In pratica, quel mix ottimale che, da Ancel Keys in poi, gli scienziati di tutto il mondo hanno dimostrato essere il più salutare tra gli stili alimentari.
E poi c’è la ben nota questione degli antiossidanti. Nei primi 3-4 miliardi di anni di esistenza del nostro pianeta, l’atmosfera era completamente priva di ossigeno e fu solo grazie ai cianobatteri prima, e alle arcaiche forme vegetali poi, che l’atmosfera si arricchì man mano di questa molecola. Dobbiamo all’ossigeno la nostra stessa esistenza ma non va dimenticato che questa sostanza ha anche una sua tossicità. E così, circa un miliardo di anni fa, gli organismi viventi furono costretti a “scegliere” se rifugiarsi in un residuo ambente anaerobico, se sviluppare difese antiossidanti o se andare incontro a una inevitabile estinzione. Tuttora il delicato equilibrio tra ossidazione e difese antiossidanti permette la vita dell’uomo e, se alterato (stress ossidativo), favorisce i processi di invecchiamento cellulare ed espone a patologie che vanno dall’aterosclerosi al cancro, dal diabete all’artrite reumatoide.
Tra i più efficienti sistemi di rimozione dei radicali liberi dell’ossigeno ci sono i cosiddetti fitonutrienti: carotenoidi, come il licopene dei pomodori, composti solforati, come quelli presenti nell’aglio o nei cavolfiori, composti fenolici, abbondanti nell’uva e nel vino. Molte ricerche, ad esempio, indicano proprio i polifenoli del vino come fattori in grado di inibire l’ossidazione delle LDL, primo passaggio nella formazione delle placche di aterosclerosi. Quindi: lo stress ossidativo può essere soggetto a modulazione alimentare.
Va anche detto, però, che gli studi sugli antiossidanti non sono del tutto condivisi nella comunità scientifica e che, a volte, le cose probabilmente non stanno così come appare a prima vista. Il resveratrolo ne è un esempio. Considerato un fattore di protezione grazie alla sua capacità antiossidante, pare invece che debba le sue proprietà a tutt’altro meccanismo2. Esso infatti non allunga la durata della vita in condizioni di stress ossidativo mentre ci sono forti evidenze che possa allungare la vita mimando la restrizione calorica e stimolando le sirtuine, una classe di enzimi implicata nella riparazione del DNA. Scoperte come questa mettono in discussione alcune “certezze” e spostano l’ottica delle future ricerche verso nuove, intriganti, direzioni.
Il nutrizionista deve quindi consigliare un maggior consumo di vino? Non proprio. Non dobbiamo dimenticare la tossicità dell’etanolo e i suoi ben noti effetti; la questione allora diventa: chi può consumare il vino? Quando? E, soprattutto, quanto? Per rispondere a queste domande ci viene in aiuto la settima Linea guida dell’ INRAN3 che si occupa proprio delle bevande alcoliche. Questa linea guida, dopo aver ben chiarito che le uniche bevande alcoliche “accettabili” sono il vino e la birra, e non i superalcolici, individua nell’adulto, sano e normopeso, l’unico soggetto in grado di ottenere benefici dal loro consumo. Sul quando non ci sono dubbi: in corrispondenza dei pasti principali; mai quando sono necessarie destrezza e attenzione, mai contemporaneamente a farmaci o droghe. Riguardo la quantità, infine, l’INRAN considera accettabili due bicchieri di vino al giorno per la donna e tre per l’uomo.
E allora, per concludere, il nutrizionista-sommelier può senz’altro affermare che:
- l’abitudine di accompagnare le vivande con modiche quantità di vino va senza dubbio apprezzata;
- il vino non va semplicemente “bevuto” ma deve essere gustato nelle sue molteplici sfaccettature, senza dimenticare il lavoro e la ricerca che si celano dietro ogni bicchiere;
- va riconosciuta al vino, se consumato secondo modalità corrette, la capacità di promuovere una serie di azioni favorevoli per la salute.
La nuova Piramide della dieta mediterranea4 conferma che “Bere vino con moderazione nel rispetto delle tradizioni sociali e religiose” è non solo accettabile ma addirittura consigliabile. Per l’adulto sano normopeso, ovviamente…
Dottor Roberto Casaccia
Biologo Nutrizionista – Specialista in Scienza dell’Alimentazione – Sommelier
Fonti:
- Renaud S, de Lorgeril M — Wine, alcohol, platelets, and the French paradox for coronary heart disease — Lancet. 1992 Jun 20;339(8808):1523-6
- Howitz KT, et al. — Small molecule activators of sirtuins extend Saccharomyces cerevisiae lifespan — Nature. 2003 Sep 11;425(6954):191-6
- Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione — Linee guida per una sana alimentazione italiana — Sez. 7 — Bevande alcoliche
- Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione — Piramide della dieta mediterranea moderna