
Battista e Clorofilla
Ecco l’intervista a Battista Marchesi, sportivo della Val Brembana, con 70 anni nelle scarpe.
Clorofilla: 19100 km è la distanza tra Parigi e Tokyo. Lei li ha percorsi quasi tutti sulle strade della Valcamonica (Brescia) vero?
Battista: Sì, alloggiavo in un albergo a Lovere (Bergamo), un paese sul lago d’Iseo, e poi ogni mattina partivo prima del sorgere del sole (d’estate anche alle 2:30 di notte per evitare il caldo). Non importava tanto la direzione, quanto far chilometri. La sera rientravo in hotel e, se necessario, avevo a disposizione un massaggiatore.
C: 239 giorni sempre di corsa. Nemmeno un giorno di riposo?
B: No, ho corso sempre, dal 4 marzo al 18 ottobre. Se mi fossi fermato anche un solo giorno, il record sarebbe stato annullato; dovevo fare almeno qualche km. Il giorno in cui ho fatto meno strada è stato quello in cui sono salito al ghiacciaio Presena per fare il Sentiero dei Fiori; ci tenevo a percorrere i suoi famosi ponti tibetani. Il giorno in cui ho fatto più strada invece, ho percorso 101 km perché era un po’ che desideravo superare i 100 km in un giorno; in quella occasione mi sono addormentato mentre correvo e sono finito in un canneto. Sono arrivato con 21 giorni di anticipo sulla tabella di marcia e, tra l’altro, gli ultimi 3 giorni ho dovuto rallentare in modo da arrivare di domenica, quando mi era stata organizzata la festa. Ho perso più di 50 km, ma ne è valsa la pena.
C: Come ha convalidato il record?
B: Utilizzando un GPS. Ogni sera trasmettevo i dati alla mia società sportiva, l’ASD Runners Bergamo.
C: Che velocità manteneva?
B: Le prime ore facevo circa i 9-10 km/h, poi gradualmente rallentavo fino a camminare, in modo da recuperare un po’.
C: È vero che l’università di Verona ha voluto studiarla per capire le reazioni del fisico sotto sforzi intensi?
B: Sì, ho compilato delle schede con diversi dati: come ad esempio il battito cardiaco e la temperatura ambientale. Speriamo ne esca qualcosa di utile.
C: Avrà consumato un bel po’ di scarpe…
B: Avevo con me otto paia di scarpe, che cercavo di alternare. Ogni giorno ne cambiavo almeno due.
C: E come si gestiva con l’alimentazione?
B: (Ride) È lì il segreto. Le prime due ore erano a stomaco vuoto, poi rientravo in camera e facevo colazione con tè, marmellata, miele, cereali. Quindi riempivo il mio marsupio con le provviste per la prima parte della giornata: tre piccoli panini con il salame o la bresaola, marmellata, miele, una banana e un’arancia. Intorno alle 14:00 rientravo di nuovo in albergo, bevevo una bibita e mangiavo ancora tre panini, di cui almeno uno col salame e poi tanta frutta. A cena invece mangiavo un pasto completo al ristorante. Bruciavo circa 5000 kcal al giorno.
C: Integratori?
B: Pochi, non li desideravo. E poi ho la mia filosofia: se prendi integratori è come se non fosse più farina del tuo sacco. Secondo me è un po’ una mania per far spendere soldi. Ho preso, raramente e quando ne sentivo proprio la necessità, un integratore di vitamine e sali minerali. Bevevo normalmente acqua, avevo una piccola borraccia da 200 ml che riempivo di fontana in fontana… ormai conoscevo a memoria quelle con l’acqua più buona. L’integratore che mi dava più la carica era il caffè del bar al Lago di Rogno, era diventata come la mia seconda casa. Mi fermavo tutti i giorni, dopo i miei 80 km; lì riposavo un po’ la testa leggendo un attimo il giornale, bevendo quel caffè che mi dava una carica enorme.
C: Il corpo come ha reagito?
B. Benissimo, non sono mai andato così bene come quest’anno. Sono aumentato di un kg, da 65 a 66 kg. Io di solito calo di peso quando sto fermo, tutto al contrario della gente normale.
C: Era sempre solo?
B: No, a volte incontravo amici che mi aspettavano per fare un pezzo del loro allenamento assieme a me, anche se poi ognuno prendeva la propria strada. Facevo molto volentieri due chiacchiere anche se non potevo permettermi di aspettare o rincorrere qualcuno, avevo una tabella precisa da rispettare.
C: Mi racconta un episodio particolare che le è accaduto durante questi otto mesi?
B: Un episodio molto intenso è stato l’incontro con un ragazzo di colore in evidente difficoltà. Gli ho dato i pochi euro che avevo con me e i miei panini (qui Battista si commuove, ma il sorriso torna al ricordo di essere poi andato lui stesso in crisi di fame). L’ho cercato ancora i giorni seguenti, per sapere come stava, ma non l’ho più visto.
C: Qual è stata la maggiore difficoltà?
B: L’unica cosa che ha rischiato di fermarmi è stata la testa, non il fisico; ogni tanto sentivo che mi abbandonava il coraggio e c’è stato un momento in cui ho avuto paura di non farcela. Allora cercavo di fare un po’ di salita, mi aiutava a liberare la mente. Avevo il pensiero dei miei cari a casa, preoccupati per me. Per fortuna ho avuto il sostegno dei miei familiari e di tanti amici. Per questo ci tengo molto a ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato, in particolare la gente della Valcamonica.
C: Ha ripreso a correre?
B: Per ora no, sono stanco.
Credo che i pensieri che occupano la mente in situazioni così estreme non si possano, né debbano, dire. Ma sono convinta che sportivi come Battista abbiano tanto da dirci. E, per quello che può contare, rappresentano per me la vera essenza dello sport come metafora di una vita semplice ed equilibrata.
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