Pubblichiamo oggi il contributo del dottor Andrea Deledda, Biologo Nutrizionista, che ci parla di iperuricemia
L’acido urico è un metabolita delle basi puriniche, componenti fondamentali degli acidi nucleici (DNA e RNA) e quindi delle nostre cellule.
L’iperucemia, ossia una condizione in cui vi sono elevati livelli di acido urico nel sangue, rappresenta un fattore di rischio per la gotta e per i calcoli renali (in questo caso di urato), ma anche, come è stato recentemente evidenziato, per la sindrome metabolica.
L’uomo, come altri primati, non possiede l’enzima uricasi, e per questo ha livelli più alti (fino a 10 volte) di acido urico rispetto agli altri mammiferi. L’omeostasi di questa molecola è regolata da diversi fattori: produzione epatica da una parte, flusso plasmatico e filtrazione glomerulare dall’altra. L’intestino, poi, espelle dal 25 al 35% dell’acido urico.
Nel rene l’acido urico viene filtrato, secreto e poi riassorbito per il 90%. Il riassorbimento viene ridotto da altri acidi organici che competono per lo stesso trasportatore, come ossalato, lattato e corpi chetonici. Inoltre possono concorrere ad aumentare i livelli di uricemia anche le diete a basso contenuto di carboidrati, l’insufficienza renale e malattie come la leucemia.
Sorprendentemente, l’acido urico è anche responsabile di oltre il 50% della funzione antiossidante totale nel plasma, ma questo solo in presenza di vitamina C. Non vi è ancora consenso se l’acido urico sia un fattore protettivo o di rischio; tuttavia, sembra che l’aumento acuto sia protettivo, mentre elevati valori cronici sembrano essere deleteri in seguito all’effetto pro-infiammatorio e pro-ossidante che aumenta il rilascio di IL-1, IL-6 e TNF-α, favorendo il catabolismo muscolare.
L’acido urico viene trasportato per la maggior parte legato all’albumina, senza la quale precipiterebbe molto facilmente alle normali concentrazioni plasmatiche. Proprio questa scarsa solubilità è alla base della gotta, dovuta alla deposizione di cristalli di acido urico a livello delle articolazioni.
L’iperuricemia è inoltre correlata a ipertrigliceridemia, ridotti livelli di colesterolo HDL e minore biodisponibilità di ossido nitrico, tutti fattori correlati con la sindrome metabolica.
La produzione di acido urico è influenzata dalle purine presenti nella dieta, che potrebbero innalzare l’uricemia, rispetto ai valori basali, da 1 a 2 mg/dL. Viene quindi normalmente suggerito di ridurre le carni più ricche in purine (vitello, pancetta, capretto, montone, tacchino, maiale, anatra, oca), mentre l’intake totale di proteine non sembra essere influente. Le proteine dei latticini sono correlate in maniera inversa con l’uricemia, forse per il loro effetto uricosurico (ne aumentano cioè l’escrezione urinaria) e per il loro scarso contenuto in purine. Anche alcuni vegetali (come asparagi, cavoli, spinaci e legumi) che solitamente si sconsigliano in caso di iperuricemia, non appaiono, in recenti studi, legati a un innalzamento dei livelli ematici di acido urico. Uno dei lavori citati (Zgaga et al.) ha anche messo in evidenza una mancanza di correlazione tra pesce e aumento dell’uricemia, che andrà verificata meglio in futuro.
Un fattore emergente responsabile di iperuricemia è il fruttosio ad alte dosi: nel suo metabolismo infatti la prima reazione (fosforilazione del fruttosio ad opera dell’enzima fruttochinasi) è molto veloce e non ha feedback negativo, mentre quella seguente (catalizzata dall’aldolasi B) è lenta. Così alti carichi di fruttosio determinano l’accumulo di fruttosio 1-fosfato e contemporanea deplezione di fosfati inorganici, carenza che a sua volta determina accumulo di ADP e AMP, catabolizzati quindi ad acido urico. Esiste però una differente risposta tra il fruttosio presente nella frutta e quello di origine industriale, forse dovuta alla contemporanea presenza nel primo di sali minerali e antiossidanti, in particolare vitamina C, che invece non sono presenti nel secondo. La vitamina C infatti aumenta l’escrezione renale di acido urico (uricosuria) e il suo intake è quindi inversamente proporzionale all’uricemia.
Anche il saccarosio (il comune zucchero da tavola, costituito per il 50% da fruttosio), il sorbitolo (convertito in fruttosio dal fegato), il lattato e le metilxantine (caffeina, teofillina e teobromina, contenute rispettivamente in caffè, tè e cacao) aumentano l’uricemia.
L’alcol incrementa i livelli di acido urico nel sangue aumentando la produzione epatica e riducendo l’escrezione renale. Un moderato consumo di vino non sembra avere effetti negativi, al contrario di superalcolici e birra.
Il caffè sembra ridurre l’uricemia per la presenza di antiossidanti, come l’acido clorogenico, che migliora la resistenza insulinica, fattore che aumenta l’escrezione renale di acido urico.
In sintesi, un’alimentazione ricca di carboidrati raffinati, bibite gassate, carni rosse e grasse, grassi poco salutari, o anche diete povere di carboidrati rappresentano un fattore di rischio per l’uricemia e la gotta, ma anche per le malattie cardiovascolari e renali; mentre un approccio di tipo mediterraneo, ricco di grassi salutari, frutta, verdura, cereali integrali e legumi e un adeguato consumo di pesce, carni bianche e latticini, risulta protettivo nei confronti di questo emergente fattore di rischio.
Dottor Andrea Deledda — Biologo Nutrizionista presso il Centro Obesità, AOU Cagliari
Sito web: Studio Dott. Andrea Deledda
Blog: nutrizione996
Per approfondimenti:
- de Oliveira EP, Burini RC — High plasma uric acid concentration: causes and consequences — Diabetol Metab Syndr. 2012 Apr 4;4:12. doi: 10.1186/1758-5996-4-12
- Dalbeth N, So A — Hyperuricaemia and gout: state of the art and future perspectives — Ann Rheum Dis. 2010 Oct;69(10):1738-43. doi: 10.1136/ard.2010.136218
- Villegas R, et al. — Purine-rich foods, protein intake, and the prevalence of hyperuricemia: the Shanghai Men’s Health Study — Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2012 May;22(5):409-16. doi: 10.1016/j.numecd.2010.07.012
- Zgaga L, et al. — The association of dietary intake of purine-rich vegetables, sugar-sweetened beverages and dairy with plasma urate, in a cross-sectional study — PLoS One. 2012;7(6):e38123. doi: 10.1371/journal.pone.0038123
- Odermatt A — The Western-style diet: a major risk factor for impaired kidney function and chronic kidney disease — Am J Physiol Renal Physiol. 2011 Nov;301(5):F919-31. doi: 10.1152/ajprenal.00068.2011
- Johnson RJ, et al. — Sugar, uric acid, and the etiology of diabetes and obesity — Diabetes. 2013 Oct;62(10):3307-15. doi: 10.2337/db12-1814