Ecco la seconda parte dell’intervista a Stefano Miglietti, sportivo bresciano che ha recentemente attraversato la depressione del Qattara in Egitto senza mangiare né bere.
Clorofilla: E se avessi avuto bisogno di aiuto?
Stefano: Sono stato aiutato da una guida del posto che conosco perfettamente; i soccorsi erano a circa due ore di distanza. Diciamo che conosco molto bene il mio fisico e ho un mio margine di sicurezza, non sono un folle. Il campanello d’allarme lo avverto a livello cardiaco e non muscolare.
C: Che cosa avevi con te?
S: Avevo un piccolo zaino con dentro il GPS, il telefono satellitare, una crema per la protezione solare, un cappellino (anche se ho sempre utilizzato una bandana), una giacca anti-vento, un paio di guanti (che non ho usato perché le condizioni climatiche erano buone), un piumino senza maniche e un pile per la notte. Avevo anche una microtelecamera con cui ogni tanto facevo delle riprese e registravo le mie impressioni.
C: Come curi normalmente la tua alimentazione?
S: Da questo punto di vista credo di non essere un esempio di perfezione. Sono certo che alimentandomi meglio potrei rendere di più, ma preferisco mangiare quello che mi sento. Preciso che non sono sregolato, mangio un po’ di tutto, non bevo alcolici anche se la birra mi piace molto. A pranzo mangio un primo in bianco o della carne. Se mi alleno in pausa pranzo al rientro mi preparo solo un’insalata, per motivi di tempo. E quando succede questo, arrivo alla cena che mangerei il tavolo.
C: Come fai colazione?
S: Mangio tanta frutta e delle fette biscottate con la marmellata. Non faccio spuntini, anche se mi dicono che dovrei.
C: Niente alchimie di integratori quindi?
S: No, no, cibi naturali. Non prendo aminoacidi, uso anche pochi sali minerali. A volte, per allenamenti molto lunghi, prendo una miscela di zuccheri: maltodestrine, fruttosio e saccarosio. Ultimamente, per preparare quest’ultima impresa, mi ero abituato a non prendere niente anche per allenamenti di 100 km.
C: Hanno stimato che hai consumato circa 28.000 Kcalorie, equivalenti al dispendio energetico di un paio di settimane di una persona “normale”.
S: Si, ci può stare. Durante le altre prove, in cui mi alimento, assumo circa 10.000 Kcalorie al giorno, che sono davvero una montagna di cibo. Porto sempre con me un camel per i sali, uno per gli zuccheri e uno di sola acqua. Poi cerco di rifornirmi di alimenti con il maggior contenuto calorico per unità di peso, in quanto devo trasportare tutto su una slitta che traino: frutta oleosa e disidratata, cioccolata, torte di mandorle, tanto torrone, latte condensato e formaggio grana (anche se mette molta sete). Quando sono al freddo mangio anche due etti di lardo a cubetti al giorno, circa 2.000 Kcalorie. È vero però che, pur partendo con la massima attenzione alla programmazione delle scorte, si devono poi fare i conti con le condizioni estreme. Ad esempio in Canada un anno ha fatto talmente freddo che si è gelato tutto e gli ultimi due giorni ho mangiato unicamente venti confezioni di latte condensato, che tenevo un po’ nella giacca, e quindici stecche di torrone al giorno. Quando sei così stanco, è difficile anche masticare e, per avere energia, l’unica cosa che riuscivo ad assumere erano queste due cose. Ciò vuol dire che ti ritrovi a non poterne davvero più, con la bocca completamente tagliata dai pezzi di torrone congelato. Fortunatamente sono molto forte di stomaco. In questi casi la teoria sul cosa e quanto è meglio mangiare non serve a nulla, conta l’esperienza e conta quello che in realtà è davvero possibile fare. Nel caso poi del record delle dieci maratone, non portavo nulla se non una borraccia e avevo un seguito che documentava l’impresa e che cucinava per me: pasta, pollo, verdure saltate, cose gustose come se fossi a casa. Si ha proprio bisogno di cose buone e piacevoli, in modo che lo stomaco riesca ad accettare tutto quel quantitativo di calorie. Mangiavo mentre camminavo, con il piatto in mano.
C: Nei giorni immediatamente precedenti l’ultima esperienza, come ti sei gestito?
S: Sono molto spartano in questo. Ho mangiato quello che mi cucinavano i beduini. Loro consumano molta frutta e verdura, minestre e carni bianche. Mangiano in modo molto semplice e sano.
C: E subito dopo?
S: Ho finito alle sei di mattina. Ho mangiato a malapena una minestra la sera ma, fino al giorno dopo non sono riuscito a toccare cibo, non avevo lo stimolo della fame. Ho fatto il grosso errore di bere subito mezza bottiglia di acqua che il mio stomaco non ha saputo trattenere, ma avrei bevuto anche una bottiglia di grappa se l’avessi avuta a disposizione. Poi sono riuscito a reidratarmi bevendo a piccoli sorsi dell’acqua con un po’ di sali minerali. Il mattino dopo sono riuscito a fare colazione con del karkadè, del pane con la marmellata e delle omelette.
C: Il tuo corpo come ha reagito dal punto di vista del peso?
S: Ho perso circa 4 kg. Lo stesso quando fatto le dieci maratone. Solitamente perdo un kg al giorno, quando mangio. In quest’ultimo caso ne ho persi di più, ma ovviamente erano prevalentemente liquidi e in parte anche massa muscolare.
C: Hai già ripreso ad allenarti?
S: Si, è difficile star fermo. Sono tornato di mercoledì e nel fine settimana ho ricominciato. Anche se devo dire che a livello muscolare ne sto risentendo ancora.
C: Credi che sia solo questione di allenamento? Cioè, se una persona si allenasse come fai tu, potrebbe fare le tue stesse imprese o credi ci sia una componente genetica?
S: La preparazione fisica è essenziale, ma la predisposizione a resistere a condizioni estreme è prettamente mentale. In Canada ho visto atleti preparatissimi, molto più forti di me, ritirarsi perché non ci stavano con la testa. Inoltre si deve essere consapevoli che il fisico si logora, non siamo fatti per correre dieci maratone consecutive. Sono disposto a correre questo rischio perché non sono un professionista, lo faccio per passione e non per lavoro, se mi infortuno mi fermo per un po’, e pazienza.
C: Che scarpe usi?
S: Io uso scarpe da trail, ma avendo il 48,5 (14 americano) fatico a trovarle e le devo ordinare via internet.
C: Hai già in mente la prossima avventura?
S: Non ancora, ma vorrei tornare al freddo, in Canada o in Lapponia.
C: Per finire, qual è la domanda più bella che ti hanno fatto?
S: È stata quella di Sofia, la bimba di un mio amico. Mi ha chiesto se stavo rincorrendo qualcosa o stavo scappando.
Per approfondimenti:
Avventurando – Associazione sportiva dilettantistica
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