Pubblichiamo oggi il contributo del dottor Andrea Deledda, Biologo Nutrizionista, sull’influenza dei grassi e degli oli alimentari sulla nostra salute.
I grassi e gli oli alimentari sono formati quasi esclusivamente da trigliceridi, a loro volta costituiti da una molecola di glicerolo e tre di acidi grassi.
I grassi forniscono tutti 9 kcal/g, però gli effetti all’interno dell’organismo dei diversi acidi grassi variano molto.
La qualità lipidica è infatti in grado di influenzare l’omeostasi del bilancio energetico, il metabolismo glucidico e lipidico e l’infiammazione1, che è una delle concause delle malattie cardiovascolari (CVD) e del diabete2.
Questi effetti sono dovuti soprattutto all’azione sui diversi tipi di recettori, detti PPAR (recettori attivati dai proliferatori perossisomiali), presenti sia a livello centrale che periferico, che “decidono” quali sono i geni da attivare e quindi le proteine da sintetizzare1.
I recettori fungono da “sensori”, in modo che l’organismo sappia sempre che tipo di nutrienti sono stati introdotti3.
Andiamoli ad analizzare meglio.
I diversi acidi grassi verranno indicati con la formula N:M, dove N è il numero di atomi di carbonio della catena, mentre M è quello di doppi legami. La loro conformazione, le proprietà fisiche e chimiche e i loro effetti variano con tali parametri. Qualunque olio o grasso è formato da una miscela di diversi acidi grassi, in cui solitamente ne prevale uno particolare.
Acidi grassi polinsaturi (PUFA, hanno almeno 2 doppi legami)
Omega 3
Questo tipo di acidi grassi, detti pure n-3, si trovano soprattutto nel pesce grasso (omega 3 a catena lunga) e in alcuni oli vegetali come quello di lino e nelle noci (omega 3 a catena corta). Sono generalmente associati a effetti positivi.
Ad esempio l’uso di olio di semi di lino (contenente acido α-linolenico, ALA, 18:3 n-3) può migliorare la sensibilità insulinica negli individui obesi4, mentre la supplementazione con olio di pesce a basso dosaggio (contenente EPA, 20:5 n-3, e DHA, 22:6 n-3) è stata in grado di ridurre i livelli di colesterolo totale e trigliceridi, oltre a migliorare la sensibilità insulinica muscolare e sistemica nel ratto5.
Sono stati inoltre verificati effetti moderatamente dimagranti, antiaritmici, antiaterosclerotici, antinfiammatori sistemici, antipertensivi, riduttivi della mortalità per CVD per gli n-3 a lunga catena. Nel ratto sono inoltre in grado di prevenire l’aumento di peso se accoppiati a una dieta ricca in grassi. Attenzione però: una loro eccessiva introduzione aumenta i tempi di coagulazione6.
Appare perciò importante una corretta assunzione di pesce e altri prodotti ittici, in particolare non fritto o cotto a temperature troppo alte che alterano gli omega 3, o in alternativa una supplementazione, per una corretta funzionalità dell’organismo7.
Omega 6
Questo tipo di grassi, tipici degli oli di semi vegetali (girasole, mais, soia) sembrano invece avere più che altro effetto proflogistico e proaggregante, perché precursori delle prostaglandine (messaggeri locali) proinfiammatorie8; sono inoltre messi in relazione con la resistenza insulinica e la sindrome metabolica9.
Una loro eccessiva riduzione provoca però una caduta delle capacità immunitarie dell’organismo8.
Si è inoltre messo in evidenza che l’acido linoleico (18:2 n-6) può ridurre i livelli di TNFα, noto messaggero dell’infiammazione, e quindi può avere anche effetti antinfiammatori10. Abbiamo perciò ancora molto da scoprire.
Monoinsaturi (MUFA, hanno un doppio legame)
I dati epidemiologici continuano a dimostrare l’attività cardioprotettiva dei MUFA, come l’acido oleico (18:1); i MUFA sono presenti specialmente nell’olio di oliva e di arachide, o nelle mandorle e nelle nocciole.
La loro presenza nella dieta favorisce un sano profilo lipidico del sangue, migliora la pressione arteriosa media, la sensibilità insulinica e i livelli di glucosio.
Inoltre, i dati più recenti suggeriscono che vengono ossidati nei mitocondri preferenzialmente rispetto ad altri grassi, così influenzando la composizione corporea e riducendo il rischio di obesità11.
Saturi (SFA, non hanno doppi legami)
L’eccesso di SFA ha effetti proinfiammatori e induce insulino-resistenza12. L’acido palmitico (16:0) e quello stearico (18:0), tipici delle carni rosse e di oli come quello di palma, influenzano entrambi la produzione di TNFα, ma con meccanismi diversi10.
Tuttavia si è evidenziato che la sostituzione dei grassi saturi con carboidrati, soprattutto se semplici e raffinati, non ha vantaggi nei confronti della prevenzione delle CVD, anzi andrebbe fatta con grassi di tipo omega 3, capaci di ridurre lo stato di infiammazione e il rapporto colesterolo totale/HDL, o con farine integrali13,14.
Trans (TFA, hanno doppi legami ma in conformazione “trans”)
Questo tipi di acidi grassi si ottengono per idrogenazione industriale degli oli di semi, e si ritrovano in particolare nei prodotti da forno o industriali pronti, spesso indicati semplicemente come “oli vegetali”. Tale trattamento aumenta il punto di fusione.
A parte il CLA, grasso tipico dei prodotti carnei e latticini derivati dai ruminanti, cui si attribuiscono effetti benefici15, gli acidi grassi con isomeria trans hanno effetti deleteri per la salute. Sono infatti i grassi con maggiore potere aterogeno. Aumentano le lipoproteine LDL e Lp(a) e contemporaneamente riducono HDL e TC/HDL, e sono una fonte di stress ossidativo per l’organismo, aumentando i biomarker di infiammazione16, inducendo steatosi epatica17, sindrome metabolica, aumento di peso e obesità addominale18.
In sintesi, le raccomandazioni di incrementare il consumo di pesce, carboidrati non raffinati, frutta e vegetali, e ridurre il consumo di carboidrati ad alto IG, grassi trans, oltre a quello di sale, sembra più efficace della riduzione del consumo di SFA per la prevenzione delle CVD e dell’aumento di peso.
Dottor Andrea Deledda — Biologo Nutrizionista presso il Centro Obesità, AOU Cagliari
Sito web: Studio Dott. Andrea Deledda
Blog: nutrizione996
Fonti:
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Per approfondimenti:
A. Mariani Costantini, C. Cannella, G. Tomassi — Alimentazione e nutrizione umana — Il Pensiero Scientifico, 2009
Questo tipo di acidi grassi, detti pure n-3, si trovano soprattutto nel pesce grasso (omega 3 a catena lunga) e in alcuni oli vegetali come quello di lino e nelle noci (omega 3 a catena corta).
La dottoressa De Petris ha dichiarato che gli omega3 stanno soprattutto nei vegetali (in quantità decisamente superiori a quelle rintracciabili nel pesce): https://www.youtube.com/watch?v=jlcM-6QLwTU
qualcuno saprebbe spiegarmi questa discordanza?
se dovessimo intendere quantità/100g ha ragione la dott De Petris, ma quando li mangeremo 100g di olio di lino? Nessuno avrebbe lo stomaco abbastanza forte.. inoltre l’elongazione degli n-3 a catena corta , cioè quelli degli oli vegetali,al fine di diventare DHA e EPA, è nei mammiferi un processo molto poco attivo, per cui introdurli solo dagli oli vegetali non è molto efficace. Ribadisco soprattutto che ogni acido grasso ha un certo effetto in particolare sul genoma, e anche una miscela di essi ha un effetto particolare. C’è da aggiungere inoltre che le quantità di acidi grassi essenziali necessarie, di qualunque tipo, sono molto basse, per cui è quasi impossibile indurre una carenza tale da provocare problemi. In generale ritengo le parole della dott De Petris fuorvianti, pur apprezzando la scelta vegetariana
biblio essenziale: Lipids Health Dis. 2006 Apr 20;5:10.