Archivi mensili per marzo, 2012
Mettere a dieta i genitori fa dimagrire i figli
Tutti noi nutrizionisti ne avevamo il sospetto: uno studio lo ha appena dimostrato. Un articolo pubblicato dalla rivista «Obesity» ha dimostrato che far perdere peso ai genitori è un sistema efficace per aiutare a controllare il peso dei loro ragazzi. La prova è stata condotta sulle famiglie di 80 ragazzi tra 8 e 12 anni, cui è stato proposto un programma di educazione alimentare e motoria: ai soli genitori oppure ai genitori e ai loro figli insieme. Ai genitori si è insegnato come correggere abitudini sbagliate che avrebbero potuto influenzare il peso loro e dei loro figli.
Rispetto agli studi precedenti, condotti dallo stesso gruppo, tra i risultati non sorprende che la perdita di peso sia dei genitori che dei figli è equivalente nei due gruppi, ma che l’efficacia sui figli sia proporzionale a quella sui genitori. In pratica, i figli che perdono più peso sono quelli i cui genitori dimagriscono di più.
La fascia di età ovviamente comprende preadolescenti, che hanno autonomia minore e che quindi sono ancora molto dipendenti dai genitori per i pasti; va detto anche che siamo a San Diego, in California, e non in una delle nostre città.
Probabilmente, a differenza di quanto accade da noi, i ragazzi non hanno accanto nonni o zii che spesso li approvvigionano di tutto ciò che i genitori eventualmente negano loro: in queste condizioni è indispensabile che il ragazzo sia responsabilizzato sul suo percorso, per evitare che i nostri sforzi siano vanificati.
Sicuramente però la convinzione del genitore nel cambiamento di stile di vita e l’esempio dato da una figura a cui il ragazzo guarda ancora con fiducia, sono più efficaci di qualsiasi percorso che possiamo proporgli. E tutto ciò può tradursi in un metodo di approccio al problema dell’obesità infantile. Ci volevano proprio dei californiani a farcelo sapere?
Fonti:
- Boutelle KN, et al. — Parent predictors of child weight change in family based behavioral obesity treatment — Obesity (Silver Spring). 2012 Jul;20(7):1539-43. doi: 10.1038/oby.2012.48
- Boutelle KN, et al. — Parent-only treatment for childhood obesity: a randomized controlled trial — Obesity (Silver Spring). 2011 Mar;19(3):574-80
Sapori d’oriente: la salsa di soia
La salsa di soia o shoyu è un ingrediente tipico della gastronomia asiatica ottenuto dalla fermentazione della soia e del grano.
Nasce in Cina, ma si diffonde in tutto l’oriente, con consistenza e gusto differenti in base al luogo di produzione. Il tamari, ad esempio, è un tipo di shoyu usato in Giappone che ha la caratteristica di essere privo di glutine e quindi adatto ai celiaci (è consigliabile comunque leggere molto bene le etichette dei prodotti diffusi in Europa in quanto spesso utilizzano in modo improprio il termine tamari e possono contenere ingredienti diversi da quelli tradizionali).
La salsa di soia, quella vera, è tutta naturale. Gli ingredienti sono solo cinque: fagioli di soia, grano, lievito (come fermento viene utilizzato un fungo filamentoso detto Aspergillus oryzae o koji ), sale marino e acqua. La soia, dopo essere stata risciacquata e messa in ammollo, viene cotta in acqua bollente per 4 ore, mentre i chicchi di grano vengono tostati e frantumati in un mulino in modo da aumentare la superficie a disposizione del lievito. Quando la soia è raffreddata alla temperatura di 33°C si unisce al grano e al lievito; le proporzioni di questi tre ingredienti sono cruciali ma sono tenute segrete dalle diverse aziende produttrici. Il tutto viene lasciato in incubazione per circa due giorni all’interno di contenitori di legno, facendo attenzione che la temperatura non aumenti troppo. È noto da secoli che il fattore temperatura è fondamentale per garantire la buona riuscita della fermentazione, ma è grazie alla moderna tecnologia che se ne è scoperta la ragione: mantenere una temperatura al di sotto dei 40°C garantisce la massima produzione di idrolasi extracellulari da parte del fungo. Una indicazione che il procedimento è andato a buon fine si ha quando la superficie della miscela è ricoperta da un sottile strato di muffa bianca senza segni di contaminazioni da altre specie del genere Aspergillus (queste si presenterebbero di colore scuro, verde o nero).
Al termine della fermentazione si aggiunge una salamoia (costituita da sale e acqua) e quindi il tutto è lasciato fermentare all’interno di vecchie botti di legno per 6-12 mesi, a seconda dell’intensità del sapore che si vuole ottenere. La miscela così ottenuta, detta miromi, deve essere rimescolata spesso, soprattutto all’inizio, per fare in modo che il lievito resti attivo. L’impasto risultante, dall’aspetto poco gradevole, viene filtrato e il liquido così ottenuto è sottoposto a pastorizzazione. La parte solida rimasta viene in genere utilizzata come mangime per animali.
Il gusto tipico di questa salsa è noto con il termine umami ed è determinato da una serie di composti tra cui l’acido glutammico e l’acido aspartico derivanti dall’idrolisi enzimatica delle proteine della soia e dal glutine del frumento.
Purtroppo oggi in Europa non è infrequente trovare prodotti a basso costo preparati a partire non da soia intera, come vuole la tradizione, ma da proteine idrolizzate con l’aggiunta di caramello per mimare il colore originale.
La salsa di soia è un ottimo insaporitore, da usare comunque con moderazione in quanto molto salata; va aggiunta a fine cottura per preservarne le proprietà e poi deve essere conservata in frigorifero.
Composizione per 100 g di parte edibile:
- Acqua 71,1 g
- Proteine 5,2 g
- Lipidi 0,1 g
- Glucidi disponibili 7,7 g
- Fibra alimentare 0,8 g
- Sodio 5175 mg
- Potassio 180 mg
- Fosforo 110 mg
- Niacina 3,4 mg
- Energia 53 Kcal
Fonti:
- Machida M, et al. — Genomics of Aspergillus oryzae: learning from the history of Koji mold and exploration of its future — DNA Res. 2008 Aug;15(4):173-83
- Kaneko S, et al. — Isolation and identification of the umami enhancing compounds in Japanase soy sauce — Biosci Biotechnol Biochem. 2011;75(7):1275-82
- Istituto Europeo di Oncologia — Banca dati di composizione degli alimenti per studi epidemiologici in Italia
26 marzo — 1 aprile 2012, settimana mondiale per la riduzione del sale
La Scuola di Ancel aderisce alla Settimana mondiale 2012 dedicata alla riduzione del consumo di sale (26 Marzo — 1 Aprile 2012) promossa dal WASH (World Action on Salt and Health) e sostenuta dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana).
Il tema dedicato al 2012 è l’informazione del pubblico sui benefici legati alla riduzione dell’assunzione di sale nei confronti della prevenzione dell’ictus cerebrale. Il messaggio intende diffondere alcune indicazioni pratiche dirette ai consumatori per una scelta consapevole di alimenti meno ricchi in sale per i diversi pasti della giornata.
Il controllo del sodio può essere realizzato nella vita di tutti i giorni senza eccessiva difficoltà, seguendo i consigli che seguono:
- Avere pazienza: al principio la variazione di gusto, indotta da un minor apporto di cloruro di sodio, è poco gradevole e tollerata, ma nel tempo i sapori tenui si apprezzeranno sempre di più. La percezione gustativa del salato, infatti, diventa più acuta a seguito di un minor utilizzo di sale.
- Non usare sale a tavola: togliere dalla tavola la saliera, limitandosi al sale introdotto in cottura. In alternativa al sale usare le seguenti spezie: basilico, origano, prezzemolo, aglio, cipolla, aceto, curcuma, zafferano, salvia, peperoncino, eccetera…
- Ridurre il sale in cottura al minimo: salare pochissimo l’acqua di bollitura della pasta o di altre pietanze. In alternativa sarebbe meglio salare a cottura ultimata.
- Ortaggi e verdure dovrebbero essere consumati del tutto senza sale. Per esaltarne il sapore utilizzare aceto e succo di limone.
- Usare pane senza sale, pane umbro o toscano.
- Evitare formaggi stagionati. Usare in alternativa formaggi freschi.
- Evitare i cibi “trattati” con sale, essiccati, affumicati o in salamoia (aringa affumicata, salmone affumicato, caviale, eccetera…).
- Evitare i dadi da brodo (contengono i sali glutammato monosodico e cloruro di sodio).
- Evitare ketchup, maionese, senape, salsa di soia.
- Preferire i prodotti freschi a quelli in scatola (per esempio carni, pesci, legumi). Nel caso in cui si utilizzino i prodotti in scatola, lavarli sotto acqua corrente prima dell’utilizzo.
- Ridurre il consumo di prodotti da forno (cracker, biscotti, grissini, dolciumi, eccetera…).
- Ridurre il consumo di carni trasformate o conservate (per esempio prosciutto crudo, salame, speck, bresaola, pancetta, salsiccia, würstel, coppa).
- Evitare acque minerali ricche di sodio e bicarbonato di sodio (scegliere acque oligominerali).
- Effettuare, sempre, una selezione gustativa dei cibi, abolendo quelli realmente troppo ricchi di sale.
Alimenti da privilegiare
- Cereali integrali
- Legumi secchi o freschi
- Pesce fresco o surgelato
- Carni fresche
- Uova
- Prodotti caseari freschi
- Verdura e ortaggi
- Frutta fresca
- Olio extravergine di oliva
- Acqua oligominerale
Fonti:
- P. Binetti, M. Marcelli, R. Baisi — Manuale di nutrizione clinica e scienze dietetiche applicate — Edizioni Universo, 2006
- G. Riccardi, D. Pacioni, A. Rivellese — Manuale di nutrizione applicata — Idelson-Gnocchi, 2003