La personale relazione con il cibo è anche una questione di genere. Madri, seduttrici, mogli, sante anoressiche, streghe, guaritrici, assassine, le donne sono e sono state tutto questo anche attraverso il cibo. Questo libro racconta dal Medioevo a oggi la storia di donne capaci di amare o avvelenare con la cucina, ma anche di essere profondamente condizionate attraverso l’alimentazione.
Tenere lontane le donne da una bevanda così consumata come il vino segna una discrepanza fra cultura alimentare prevalente e regole imposte alle donne nella relazione con i cibi. Non si tratta dell’unica discriminazione nel campo alimentare. Un’analoga discordanza esiste a proposito delle abbondanti libagioni. Mangiare molto nel caso dell’uomo dimostrava, soprattutto in età medievale, non solo ricchezza ma anche potenza, e più in generale caratterizzava l’appartenenza a un ambiente privilegiato e ammirato. Mangiare molto era in definitiva un segno distintivo di nobiltà e valore. Fu su questa base che Carlo Magno ritenne un indizio della presenza del nobile Adelchi il fatto che sotto quello che poteva essere stato il suo posto a tavola fossero ammucchiate moltissime ossa perfettamente spolpate. Se gli uomini di appetito gagliardo manifestavano potenza, le donne appetenti al contrario rivelavano debolezza.
Per approfondimenti:
M.G. Muzzarelli — Nelle mani delle donne — Editori Laterza 2013