Quando si parla di pesce, vengono in mente due cose: gli omega-3 e gli inquinanti. Noi nutrizionisti tendiamo a prescrivere pesce più o meno due o tre volte alla settimana, che è considerata la giusta quantità per i nutrienti che dà, per il rischio di intossicazioni dato dai mari inquinati e ovviamente per non togliere spazio ad altri tipi di alimento (varietà prima di tutto).
Le indicazioni che normalmente si danno a riguardo sono quelle di mangiare pesce azzurro pescato piccolo, perché più ricco di omega-3 rispetto a quello allevato (cosa che ovviamente dipende dal tipo di alimentazione che segue il pesce in acquacoltura) e perché non essendo tanto grande è alla base della catena alimentare e vive di meno, quindi ha meno possibilità di accumulare inquinanti nelle sue carni.
Un recente studio condotto alla Umeå University, università svedese, ha rinforzato queste indicazioni: gli effetti positivi del consumo di pesce un paio di volte a settimana sono più importanti dei possibili effetti negativi dati dagli inquinanti. Lo studio ha analizzato un campione di 361 uomini svedesi e 211 uomini finlandesi, tutti colpiti da infarto del miocardio, nei quali, tramite analisi del capello e del sangue, si sono andati a vedere i livelli di omega-3 e di mercurio. I risultati dell’analisi statistica, spiegano i ricercatori, dicono che c’è una forte evidenza che un maggior consumo di omega-3 porti a un ridotto rischio cardiaco, anche considerando il mercurio, perché questi acidi grassi contrastano efficacemente l’effetto nocivo dell’elemento tossico. Ovviamente, le conclusioni degli autori sono quelle di mangiare pesci con alto contenuto di omega-3 (ovvero pesci azzurri pescati) e con un basso contenuto di mercurio (ovvero pesci piccoli), limitando a casi sporadici il consumo di pesci più grandi e più rischiosi.
Nulla di nuovo sotto il sole, ma è una conferma importante del fatto che si stia seguendo la condotta giusta.
Fonte:
Wennberg M, et al. — Myocardial infarction in relation to mercury and fatty acids from fish: a risk-benefit analysis based on pooled Finnish and Swedish data in men — Am J Clin Nutr. 2012 Oct;96(4):706-13