Quando si parla di disturbi del comportamento alimentare si fa spesso riferimento a un fenomeno di attualità, che colpisce soprattutto adolescenti e giovani donne. L’anoressia e la bulimia sono frequentemente ricondotte a uno strenuo tentativo da parte di coloro che ne soffrono di rincorrere dei modelli estetici di riferimento di esasperata ed eterea magrezza, rischiando la morte per questo e a loro malgrado. Si chiamano in causa i media, ci si scaglia contro gli stilisti e contro la superficialità del consumismo. Seppure in parte vero, i disturbi del comportamento alimentare non sono solo questo.
Tra i pochissimi esempi nella filmografia che hanno affrontato il tema, Ragazze interrotte di James Mangold parla di anoressia con una drammaticità e una delicatezza rare. Il film è libero da luoghi comuni preconfezionati, scevro da formalismi e da parole belle e vuote. Le protagoniste sono loro, le ragazze interrotte, rinchiuse in un ospedale psichiatrico alla fine dei turbolenti anni sessanta.
Susanna è il personaggio principale, una meravigliosa Winona Ryder, affetta da un disturbo di personalità borderline; poi c’è Lisa, una giovane e diafana Angelina Jolie, sociopatica, gelida e carismatica. Daisy è un personaggio minore, certo non per intensità, ed è anoressica, autolesionista, dipendente da lassativi. Pura e ingenua come una bambina, tiene stretto il suo orsacchiotto, mentre allinea uno per uno i pezzetti di pollo che nella giornata mangerà. Il pollo della polleria di suo padre, l’unico alimento che va giù, che entra dentro come lei stessa dice, mentre tutto il resto lo vomita. Mangia sola, con gli altri si sente violata. Manda giù i suoi pezzettini di pollo e ne conserva le carcasse sotto il letto, fino a cinque, quando poi Valery, l’infermiera, glieli fa buttare.
Quando giunse la notizia che il padre di Daisy comprò un appartamento, perché lei potesse curarsi e lasciare la clinica psichiatrica, la cosa passò inosservata.
I polli del padre, la casa piena di orsacchiotti, la cucina pollo come lei stessa la chiamava, sarebbero stati da ora in poi per Daisy la sua vita, e suo padre avrebbe potuto così visitarla, da solo, ogni notte, senza destare alcun sospetto.
Il finale toglie il fiato e ci lascia Daisy e la sua storia nel cuore.
La superficialità di giudizio è il primo danno che si procura a chi soffre di disturbi alimentari. Daisy è l’esempio di come dietro l’anoressia si celi a volte un dramma più forte del desiderio di entrare in una taglia di pantalone più piccola.