Pubblichiamo oggi il contributo della dottoressa Livia Diotallevi, biologo nutrizionista, sull’alimentazione per persone affette dal morbo di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer è una patologia degenerativa che si manifesta prevalentemente in età senile, ma (e questo è emerso soprattutto negli ultimi anni) può colpire anche individui in età piuttosto giovane, anche intorno ai 40 anni.
I primi sintomi di solito non sono presi in seria considerazione perché si tratta di episodi sporadici, come ad esempio dimenticare un appuntamento o che cosa si è mangiato durante il giorno, e si tende ad associarli a situazioni di particolare stress o nervosismo. Con il progredire della malattia si assiste a un quadro clinico più complesso con confusione, irritabilità, aggressività, difficoltà nel linguaggio, perdita di memoria a breve e a lungo termine tanto che il paziente malato di Alzheimer non è più in grado di condurre una vita normale in autonomia e ha bisogno di continua assistenza.
La causa principale del morbo di Alzheimer è la formazione di aggregati extracellulari sulla membrana dei neuroni cerebrali di una proteina chiamata beta-amiloide. La formazione di queste placche innesca un processo infiammatorio: macrofagi e neutrofili sono richiamati e producono citochine, interleuchine e fattore di necrosi tumorale (o tumor necrosis factor alfa -TNFα) con conseguente danneggiamento irreversibile dei neuroni.
La proteina beta-amiloide che ammassandosi forma le placche deriva da una proteina chiamata APP (Proteina Progenitrice dell’Amiloide). Negli individui sani dalla APP si origina, per azione dell’enzima alfa-secretasi, la beta-amiloide costituita da 40 amminoacidi. Negli individui malati lo stesso precursore viene attaccato non dalla alfa-secretasi ma dalla beta-secretasi con formazione di una proteina beta-amiloide di 42 amminoacidi anziché 40 ed è questa forma variante che tende ad associarsi in aggregati esterni alla membrana neurale.
Un altro fattore importante nell’insorgenza del morbo di Alzheimer è la deposizione, questa volta all’interno dei neuroni, di un’altra proteina: la proteina Tau. Tale proteina viene fosforilata in modo sbagliato e forma degli aggregati fibrillari presenti soprattutto nell’ippocampo, una regione del sistema nervoso centrale, che è la sede dell’apprendimento e della memorizzazione.
Le forme lievi del morbo di Alzheimer sono attualmente trattate con farmaci inibitori delle acetilcolinesterasi che determinano a livello del cervello un aumento della acetilcolina che ha un ruolo rilevante nei processi mnemonici. Tali farmaci, però, sono di modesta efficacia, non curano ma migliorano temporaneamente i sintomi.
Molta importanza si sta dando alla prevenzione in modo da ritardare l’insorgenza della malattia. È stato messo in evidenza in questi ultimi anni come alcuni fattori quali obesità, colesterolo alto e ipertensione aumentino il rischio per lo sviluppo del morbo di Alzheimer. È possibile correggere questi fattori e in questo senso gioca un ruolo rilevante la dieta seguita.
Numerosi studi hanno dimostrato che il rischio è più elevato nei soggetti che seguono una dieta ricca in grassi e colesterolo, povera di fibre, di frutta e di verdura: poiché, però, in molti paesi è proprio questa la dieta seguita prevalentemente, molti studiosi ritengono che l’Alzheimer sarà la principale malattia con cui dovremo confrontarci in futuro.
Per prevenire l’insorgenza di questa patologia si consiglia di seguire la dieta mediterranea ricca di frutta, verdura, cereali, con molto pesce fonte di acidi grassi omega 3 e come condimento l’olio extravergine di oliva.
Interventi a livello nutrizionale in soggetti in cui già si è manifestato l’Alzheimer non portano miglioramenti: così recenti studi hanno dimostrato che l’integrazione con vitamina E , vitamina C e acido alfa-lipoico non determina effetti significativi così come anche la supplementazione con DHA acido docosaesanoico (l’acido grasso polinsaturo a catena lunga più abbondante nel cervello) non rallenta la degenerazione cognitiva e funzionale.
È di fondamentale importanza, dunque, imparare a nutrirsi correttamente molto presto: il morbo di Alzheimer ha una fase preclinica molto lunga , di 20-30 anni, e una corretta alimentazione può veramente aiutare a prevenire o ritardare l’insorgenza di questa patologia in molte persone.
Fonti:
- Guan JZ, et al. — Effect of vitamin E administration on the elevated oxygen stress and the telomeric and subtelomeric status in Alzheimer’s disease — Gerontology. 2012;58(1):62-9
- Galasko DR, et al. — Antioxidants for Alzheimer Disease: A Randomized Clinical Trial With Cerebrospinal Fluid Biomarker Measures — Arch Neurol. 2012 Mar 19